Three Seasons: Grow
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05/06/2014Sono alla quarta opera gli scandinavi Three Seasons, coerenti da anni nel portare avanti il loro rock settantiano fatto di trip, acidi e mescolanze mistiche di organi e chitarre. Badano all'essenziale in queste otto tracce, senza fronzoli, dirette a portare avanti il loro messaggio a partire dalla first track "Which Way", mid-tempo lamentosa, aspra, non all'altezza di aprire un disco. La ricerca nei testi e nella forma canzone che caratterizzava band come i Jefferson Airplane, Grateful Dead e simili non è perseguita da questi tre giovanotti nordeuropei. Al numero quattro troviamo "Tablas Of Bahar", oltre sette minuti di sola musica, chitarre acustiche dal profumo iberico fanno da sfondo ad un Hammond che persegue la sua solita scala in minore e maggiore. Nulla più? Nulla più. Scorre veloce il dischetto, di solito la velocità dell'ascolto è attribuita a due motivi, o troppo figo, e quindi dispiace che sia finito o l'esatto contrario, pur riascoltandolo la voglia di smettere non è passata. "Home Is Waiting" porta con sè un po' di blues, se non altro aggiunge un tocco di calore all'opera, peccato che siamo quasi alla fine. Il disco infatti si chiude con "Familiar Song", e potremmo fare lo stesso discorso per la prima traccia, non puoi aprire o chiudere un disco di sano rock '70 con pseudo-ballad dove la voce la fa da padrona. Insomma, se il disco "suonato" è quello che è, possiamo ben parlare della copertina, lisergica, viva, piena di colori e di emozioni.
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