THE HAUNTED: THE HAUNTED
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11/05/2005L’omonimo debutto dei The Haunted, band che raccoglie simbolicamente l’eredità degli ormai disciolti At The Gates in virtù della presenza dei due fratelli Bjorler e di Adrian Erlandsson (in pratica tutti esclusi Tompa e il chitarrista Martin), potrebbe rappresentare, sempre col beneficio del dubbio, quella che sarebbe stata l’ulteriore evoluzione dello storico gruppo svedese. Ma, illazioni a parte, ci troviamo davanti a un treno in corsa che fa della fusione tra thrash metal, death svedese e hardcore i suoi punti di forza; dietro il microfono figura un tizio longilineo coi capelli corti che risponde al nome di Peter Dolving, vera forza della natura capace di urlare come un cane rabbioso dall’inizio alla fine del disco. L’opener “Hate Song”, aiutata da un testo veramente esilarante, mette subito in chiaro le cose sbattendoci in faccia velocissimi 2/4 di batteria, riff al fulmicotone e voce trapanante lontanissima dagli standard scandinavi ai quali ci aveva abituato il buon Tompa (e che ritorneranno a fare capolineo proprio nei The Haunted con quello che sarà il successore temporaneo, per due album, di Dolving ovvero Marco Aro; anch’egli pesantemente influenzato dall’hardcore ma anche dal death metal più classico). Il disco prosegue la sua corsa folle con altre gemme di sfacciato thrashcore, in tempi quando questo genere a stento esisteva, quali “Chasm”, “In Vein” o “Bullet Hole” evidenziando anche il dinamismo della band, a suo agio anche nel contesto di soluzioni vagamente più melodiche per certi versi non troppo dissimili da alcune cose fatte in passato dai Pantera, si veda l’efficacissimo ritornello della già citata “In Vein”. Una menzione particolare la merita senza dubbio la conclusiva “Forensick”, manifesto del Dolving-pensiero e brano oscuro, malvagio e rallentato, inquietante nel suo svolgersi sotto la voce narrante e accusatoria del singer. Conoscendo già gli ex-membri degli At The Gates mi sembra superfluo fare considerazioni sulla perizia tecnica della band, e anche gli ‘estranei’ come il già dovutamente lodato Dolving o il secondo axeman Jensen, un riff maker di primissima qualità, non sfigurano e anzi si pongono sullo stesso eccellente livello qualitativo dei blasonati colleghi. “The Haunted” è in conclusione un velocissimo viaggio di dodici brani che uniscono magistralmente frenesia, melodia e pesantezza; i due lavori successivi non saranno altrettanto validi, puntando più su un più standardizzato thrash svedese, e la combriccola guidata dai Bjorler tornerà in forma ottimale solo con il più recente “rEVOLVEr”, disco che non a caso vede il ritorno di Dolving dietro il microfono dopo la parentesi Marco Aro.
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