SOULENGINE: MIND COLOURS
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20/12/2012Ecco un altro gruppo prog interessante proveniente da Milano, i SoulenginE esordiscono con questo 'Mind Colours' presso l'etichetta Ma.Ra.Cash, label sempre molto attenta nel cercare e sostenere nuovi gruppi progressive in rampa di lancio. Ascoltando il disco è assolutamente tangibile l'amore di questi quattro ragazzi per le storiche band progressive degli anni '70 (italiane e non), tant'è che a volte il disco sembra un buon resoconto di tutto quello che di buono ci fosse in quegli anni dal punto di vista strettamente progressivo (il tutto condito da una discreta dose di professionalità e tecnica). I nove brani contenuti in questo disco sono in prevalenza strumentali (escluse un paio di canzoni) ed oltre a mostrare una capacità tecnica invidiabile presentano quindi svariate influenze musicali che ,purtroppo, a volte rendono il sound (e lo stile del gruppo) un po' troppo disomogeneo e impersonale. L'inizio è affidato a "Polheim", un brano che inizialmente si affida alla chitarra acustica ed a dei fraseggi di tastiera che ricreano certi orpelli di moog tipici di gruppi come Yes e soprattutto Emerson Lake & Palmer, ricreando molteplici cambi di tempo e di atmosfera,anche se forse a lungo andare si ha come l'impressione che al brano manchi un pò di identità musicale. Se il primo brano presenta tinte più fantascientifiche e ariose, il seguente "Third In Line" cambia totalmente faccia richiamando a sè scenari ed atmofere pianistiche decisamente più sinfoniche ed intimiste come quelle del Banco Del Mutuo Soccorso, mentre "Rain Flower" acquista sonorità leggermente più jazzate (in modo particolare nella chitarra di Ettore Salati) sciorinando sia arrangiamenti aggressivi, sia dilatati (nel bridge centrale evidenti richiami ai King Crimson per quanto concerne l'uso del mellotron), mentre il finale si fa quasi fusion. A metà strada tra Soft Machine e Perigeo è invece "On The Other Side", un brano pregno di atmosfere jazz tipicamente notturne che profumano di sigaro e whisky (ottimo lavoro del piano), mentre con "Down The Street" (primo brano cantato del disco) il gruppo vira un po' bruscamente in uno un pezzo genesiano fino al midollo, con conseguenti sonorità sinfoniche e maestose (da segnalare anche l'assolo di Salati, sulla falsariga di quelli di Hackett). I restanti brani non presentano grossi cambiamenti di percorso, anche se a nostro avviso andrebbero almeno segnalate "Asleep", costruita attorno ad un buon lavoro di voce, chitarra acustica e tastiere (molto d'atmosfera e poste quasi sullo sfondo), e la finale "Challenge To An End", una traccia assolutamente atmosferica e sognante ricca di suggestioni folk e fiabesche ricostruite egregiamente attraverso l'uso del flauto e del mellotron.
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