SLOW: V - Oceans
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20/12/2017Chiunque abbia il proposito di approcciarsi ad un lavoro come quello proposto in questo ultimo LP dalla band del mastermind Déhà, sa che deve armarsi di tutta la concentrazione e i buoni propositi del caso. L'impresa infatti può essere affatto semplice quando ci ritroviamo a recensire o ad ascoltare un disco nel quale la musica è solo uno mezzo privo di orpelli ed atto ad esprimere il concetto che l'artista intende comunicare, non ci troviamo di fronte a particolari scelte melodiche o stilistiche, o arrangiamenti che possono in questa sede essere vivisezionati ed esaminati al microscopio. Siamo al cospetto di quasi un'ora di musica contenuta in sole cinque lunghe tracce lente, slabbrate, dalla forza annichilente, capaci di annientare l'ascoltatore trasmettendogli un senso di impotenza e desolazione. Il ritmo lento dei brani, portato all'esasperazione, i suoni riverberati e claustrofobici sono i colori utilizzati dal duo belga per dipingere questa tela che, se fosse un'opera pittorica, sarebbe un lavoro di Ludolf Bakhuizen. Difatti il fulcro principale del platter è proprio il mare, il suo moto ondoso, lento e imperituro che ispira i monotoni riff di chitarra, la cupezza sonora della voce, gutturale e profonda come gli oscuri abissi marini, la potenza distruttiva delle forze della natura che si manifesta e trova piena rappresentazione nei passaggi di matrice black metal più veloci e rabbiosi di "Déluge", o la maestosità espressa attraverso gli arrangiamenti sinfonici dal sapore malinconico come in "Néant". E' pura celebrazione di uno degli elementi naturali, l'acqua, che tanto affascina e al contempo tanto intimorisce, un tributo di velato amore e rispetto nei confronti della natura forse; sicuramente un disco che dietro la superficie coriacea e impenetrabile nasconde in fondo uno spirito indomito e romantico.
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