SACRED STEEL: HAMMER OF DESTRUCTION
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07/11/2006E finalmente i Sacred Steel, banda di massacraposer devoti anima e corpo all'heavy metal più feroce e crudele partorito dall'America degli eighties, raggiungono quota sei. Il giro di boa dopo "Iron Blessings" (capolavoro assoluto in grado di mescolare alla perfezione irruenza death e indomita passione HM) è stato critico: la dipartita della coppia d'asce Grosshans/Knittel ha infatti costretto la band a rimaneggiare una line-up collaudatissima, promuovendo a chitarrista il robusto bass-player Jens Sonnemberg e reclutando due nuovi membri. E le conseguenze si fanno subito notare: "Hammer Of Destruction" suona come un enorme passo indietro dal punto di vista stilistico. Non in senso negativo, s'intende: ma dato che i due figliol prodighi si sono ora dedicati a tempo pieno al loro progetto death metal (I My Darkest Hate), era legittimo attendersi un ritorno a coordinate più ortodosse. Si può considerare quindi chiusa la parentesi delle growling vocals e dei blastbeat, i Sacred Steel riprendono il discorso da dove l'avevano lasciato: da quell'incredibile manifesto di purezza metallica che fu "Wargods Of Metal", rileggendone però le immortali coordinate con il savoir faire di una band che ha fatto passi da gigante a livello compositivo. Notevole la produzione, forse la più "retrò" mai avuta dai nostri, in cui le chitarre ribassate giocano un ruolo importante nel creare una miscela davvero originale, cupissima ma tagliente e distruttiva, in perfetto equilibrio tra l'anima "fast" e quella "dark" del combo tedesco. Sulla voce di Gerrit Mutz, beh, non credo ci siano più parole da dire: l'inossidabile "siren of metal" continua a cantare a modo suo, una sorta di ibrido tra Mark Shelton e John Cyriis, assolutamente disinteressato alla tecnica ma dannatamente evocativo... dopo una carriera così lunga speriamo che la gente si renda conto che si tratta di un discorso del tipo "prendere o lasciare", no? La pesantezza e la ferocia per cui i nostri vanno giustamente famosi non è venuta meno: la title-track in apertura è un missile atomico nelle gengive degli sventurati fighetti che osano frequentare gli ambienti destinati a puri metal defenders, un olocausto di riff devastatori e linee vocali tonanti come inni di battaglia, con un ritornello fornito di incredibili cori US-oriented come solo i Sacred Steel sanno fare a completare il lavoro. Il resto del disco si mantiene su queste coordinate di aggressività, velocità e potenza, richiamando i nomi storici dell'heavy metal americano (Jag Panzer, Agent Steel, Helstar e Omen su tutti). Da notare sono l'anthemica "Impaled By Metal", la cupa ed eroica "Where Demons Dare To Tread" e l'incredibile "Maniacs Of Speed", un autentico tributo all'heavy metal suonato a tavoletta di Exciter, Agent Steel, Savage Grace e compagnia... con un "omaggio" che i cultori non tarderanno a riconoscere! Non parliamo poi del vero "tributo" del disco, quella "Generally Hostile" targata Jag Panzer che da sempre schianta i colli dei metalheads più impenitenti... un regalo che accettiamo con somma gioia da parte dei nostri migliori portabandiera possibili!
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