ABOMINATION: ABOMINATION/TRAGEDY STRIKES
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07/11/2011Interessante questa full immersion nei primi nineties con la ristampa dei primi due album degli statunitensi Abomination, act guidato dall'inossidabile Paul Speckmann, mastermind dei più noti Master. Fin dalle prime battute si viene assaliti da un certo rammarico perché i due album sono così piacevoli (il primo in particolare) che ci si chiede perché Speckmann non abbia voluto proseguire nel progetto. È chiaro che la fruizione deve avvenire con relativismo storico, perché il thrash-death degli Abomination è un prodotto rozzo e cazzuto, ma del tutto estemporaneo. O meglio, relativamente al periodo della pubblicazione è un lavoro più che coerente, anzi c'è da chiedersi come mai sia passato così in sordina. Nel primo album, quello omonimo, sostanzialmente il sound è una via di mezzo tra Slayer, Anthrax, primissimi Death e via dicendo. Vi sfidiamo a restare impassibili di fronte a mazzate come "Murder, Rape, Pillage And Burn, dove fa eco qualche sfumatura morbidangeliana della primissima ora, nelle chitarre a rasoio, negli assoli a là Azagthoth. Certo, le intenzioni ci sono e i ragazzi ce la mettono davvero tutta, ma certe soluzioni strappano un sorriso per la sincera ingenuità ("The Choice", ma soprattutto "Tunnel Of Damnation", col suo drumming al limite del demenziale), a cui si aggiunge, come ciliegina la rozzissima produzione quasi-punk. Molto meno convincenti i brani della prima demo, una pallida imitazione dei primi Slayer, tendenza che si ripete in 'Tragedy Strikes', solo con maggiore mestiere e cognizione (per quanto bella, ditemi se "Blood For Oil" non poteva essere uno scarto di 'South Of Heaven') però in questa sede si lavora solo di muscoli, di violenza, accontentandosi di produrre perle di cafonaggine estrema come "Possession", che chiama in causa maestri della distruzione insensata come Nuclear Assault e Sodom. Poi un'altra manciatina di brani pescati in chissà quale demo, buoni al massimo per un documentario sulle origini del crust. Nonostante le palesi pecche su tecnica, scelte stilistiche, produzione e songwriting, questa raccolta è un must per chi ama o ha amato il sound floridiano dei primi anni Novanta.
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