OPETH: STILL LIFE
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17/05/2006Reduci dal successo del fortunato “My Arms Your Hearse”, gli Opeth tornano a mettersi in gioco con un altro album dalle mille suggestioni, un lavoro, il quinto, che li porterà dritti dritti tra le braccia della Nuclear Blast. Ripetere il capolavoro precedente non è impresa facile, ma i quattro svedesi riescono comunque a dar vita ad un album spettacolare, meno lugubre del precedente e dai toni decisamente più accesi. Quello che stupisce della formazione scandinava è che ogni volta riesce a sorprendere e ad ammaliare l’ascoltatore con un alchimia di death metal e decadente melodia che non ha eguali. Sette pezzi possono sembrare perfino pochi per un album, ma ognuno di essi racconta in realtà più di una storia, grazie alle svariate atmosfere che lo vanno a comporre, grazie a quello splendido altalenarsi di stati d’animo che seguono via via l’impeto del growling di Åkerfeldt o i suggestivi intrecci acustici delle due chitarre. “The Moor” è una lunga suite che si compone di fitte trame sempre in bilico tra una dark molto velato e un death metal per il quale ormai ogni definizione è troppo riduttiva (non ha più senso parlare solo di death melodico). Così anche “Serenity Painted Death”, coi suoi continui cambi di registro. Ottima anche “Face Of Melinda”, in cui è ancora molto marcato il contrapporsi tra l’iniziale parte acustica e il successivo sviluppo del brano, che si snoda attraverso territori più heavy, ma pur sempre all’insegna di un approccio davvero poetico e suadente.
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