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MOTUS TENEBRAE: SOUL EXPRESSION

data

05/04/2008
63


Genere: gothic
Etichetta: New LM Records
Anno: 2008

Dopo sette anni di attività, la proposta dei toscani Motus Tenebrae è finalmente messa a fuoco e indirizzata verso una direzione interessante, che non faticherà a trovare un seguito, sia perchè il disco è intenso e sentito e capace di comunicare forti emozioni, sia perchè effettivamente brilla di pezzi tutti levigati con una cura maniacale per i particolari, e la produzione molto "pop" aiuta, e tutto concorre a fare di questo un saggio particolarmente indovinato di melodia piena di sfumature e contrasti, metal ed hard rock, tra il calore delle rincorse dove la band accelera e travolge con la sua energia, ed il freddo dei momenti più riflessivi e lirici. I Paradise Lost sono dietro l'angolo, ora più rielaborati che in passato, ma sempre molto di maniera, il punto di riferimento attiene sempre al gotico e al metal melodico datato anni novanta, quindi è piena routine la guest femminile, come del resto gli inserti elettronici (sempre al posto giusto, a dir la verità) e la voce baritonale accompagnata da rari scream (risparmiabilissimi in "World Of Senses" per esempio) che servono a rendere meno piatte le linee vocali (l'unico limite oggettivo del disco) e ad incattivire i pezzi. Del resto, il nuovo arrivato alla chitarra solista, Daniel Cyranna non perde occasione per celebrare le sue capacità, secondo me notevoli non solo tecnicamente, ma anche dotate di un bel gusto e di senso della misura, proporzione e di eleganza, questa si, rara. Per esempio, l'introduzione di "Inner Balance" che è un po la summa della alchimia perfetta creata nella band a livello strumentale e del peso di Cyranna; "Anomalya" è di gran lunga il pezzo migliore dell'album, cartavetrato e aggressivo, ma allo stesso tempo dotato di intrecci di chitarra sinuosi ed un groove indovinatissimo, anche grazie ad un Andreas Cox, che è un bassista fondamentale, e in qualche pezzo fa davvero la differenza e sorprende perchè riesce a dare estro e la giusta spinta ad alcuni pezzi che si candiderebbero a restare appesi nel nulla, frustrati da un cantato un po pulito e monotono (che rovina pure uno spunto di per se carino e che stacca dal resto del disco, in "Invisible Surfage"), un po effettato fino a snervare (come in "Take Me Low" e in "There 4 U"), ma pur sempre migliorabile, se si prova ad uscire dal tunnel del gotico a tutti i costi. L'adrenalinica cover dei Cult, "Rain", come spesso accade con le cover, non fa altro che mettere in mostra tutti i pregi e, ancora di più, i limiti, del gruppo, per questo sembra proprio che non aggiunga nulla a quanto detto nei pezzi precedenti.

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