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MANOWAR: BATTLE HYMNS

data

14/12/2003
95


Genere: Epic Metal
Etichetta: Capitol
Anno: 1982

Lo storico esordio dei conclamati Re del Metallo: leggenda e realtà, un disco che però paradossalmente rimane sempre abbastanza sottovalutato quando non misconosciuto nella produzione della band. E' vero in effetti che "Battle Hymns" (come ogni altro disco d'esordio) mette in luce tutte le influenze e l'immaturità dei nostri, e per questo ci troviamo di fronte a un disco che è ancora evidentemente heavy rock, ma già lascia intravedere quale sarà il futuro, ben noto stile della band. Di tipicamente Manowar però ci sono già i riff aggressivi e lo stile tagliente di Ross the Boss, la voce di Eric Adams ancora piacevolmente acerba ma già incredibilmente espressiva e potente e, soprattutto, il basso di Joey DeMaio, vero leader ritmico insieme alla batteria suonata dal misconosciuto Donnie Hamzik. Musicalmente parlando, questo stile ancora immaturo meraviglia però per l'energia muscolare che riesce a sprigionare: è un metal giovane e agitato, carico di potenza all'inverosimile, ruvido e diretto. Non è però possibile giudicarlo in maniera univoca, in quanto le canzoni mostrano diverse anime della band: se, ad esempio, le meno fortunate "Death Tone" e "Fast Taker" sono buoni tentativi di puro rock alla AC/DC, decisamente catchy e potenti, oltre che dopate dal metal power made in Manowar, al loro fianco troviamo autentici metal anthem come "Metal Daze", che definire classico è poco, e "Manowar" che ancora apre i live set della band sorprendendo sempre con la sua pura grinta scanzonata e travolgente. Insomma, nella prima metà abbondante del disco prevale un hard rock fisico e "alla buona", da bikers potremmo dire… ma il futuro non è in queste (pur piacevolissime, quando non eccezionali come le ultime due citate) prime tracce. Appena si apre "Dark Avenger", un giro di basso gelido e funebre ci congela il sangue riscaldato dal metallo rovente delle precedenti canzoni: e dopo la sublime intro, che vede addirittura la partecipazione di Orson Welles in veste di apocalittico narratore, la canzone esplode in tutta la sua primordiale (e, vista l'epoca, è proprio il caso di dirlo) epicità, con una mortale cavalcata che si conclude all'insegna della furia più parossistica. E, dopo, la riproposizione bassistica del "Guglielmo Tell", il capolavoro. "Battle Hymns", ovvero 7 minuti di grandissime, intense e incredibili emozioni : la canzone con cui l'epic metal si fa storia, si fa leggenda, si fa mito. Un arpeggio che ci lascia col fiato sospeso si conclude ben presto lasciando il posto a una monumentale, storica rullata di batteria che ci introduce ad una canzone marziale, bellica e travolgente. Un ritmo terzinato e uno splendido riff che bilancia alla perfezione melodia e impatto, esplodendo poi in un ritornello da cantare a squarciagola… KILL! KILL! per poi lasciare il posto a un arpeggio celestiale che spezza la travolgente carica del brano, il quale reinizia ben presto con un travolgente assolo e con le grida di un Eric Adams come sempre sugli scudi, concludendosi con dei cori monumentali . E' incredibile trovare una canzone del genere in un disco come questo, comunque ancora immaturo e carico di influenze. E incredibile è pensare che probabilmente i Manowar non ripeteranno più questo miracolo, pur sfiorandolo con capolavori come "March for Revenge" o "Bridge of Death"… E forse è giusto così, che "Battle Hymn" rimanga una delle più grandi canzoni della storia dell'heavy metal, e il simbolo incontrastato del metallo epico.

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