MACHINE HEAD: Of Kingdom And Crown
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21/10/2022"Morti dopo Burn My Eyes". È ad ogni nuova uscita del talentuoso Robb Flynn che leggo o sento ripetere questa epica frase, e sotto i baffi sorrido vedendo che a quasi 30 anni dalla nascita i Machine Head sono ancora sulla cresta dell'onda con pochissimi passi falsi e un livello qualitativo - anche dal vivo - per cui altre formazioni pagherebbero oro. Tra quei pochi dischi che personalmente non mi hanno del tutto convinto rientra sicuramente 'Catharsis' (2018), un minestrone con troppa carne al fuoco - e spesso "cotta" in modo discutibile - che esitava in una mancanza di identità e omogeneità. Dev'essersene accorto anche il buon Rob, che infatti ha dato un colpo di spugna a quasi tutta la line up - solo il fido bassista Jared MacEachern è rimasto al suo fianco - e ha accolto nel gruppo l'ottimo Matt Alston alle pelli (anche se il disco è stato registrato da Navene Koperweis) e la "spalla" Wacław Kiełtyka alla sei corde (dai Decapitated). Il risultato di questo nuovo sodalizio è il decimo 'Of Kingdom And Crown', e manco a dirlo è una maledettissima bomba di disco. Un album vario, ma questa volta con un filo conduttore ben preciso ed evidente, e che riesce ad essere un sunto credibile e molto ispirato di anni di carriera: dal groove pachidermico dei primi due dischi ("Kill Thy Enemies", "Rotten"), al thrash affilato del periodo 'The Blackening'/'Unto The Locust' ("Slaughter The Martyr", "Choke On The Ashes Of Your Hate", "Become The Firestorm"), passando per puntate melodiche riuscitissime ("Arrows In Words From The Sky") e pezzi in cui le tre anime convivono perfettamente ("Unhallowed", "My Hands Are Empty"). Il tutto, ovviamente, suonato e registrato da Dio (che assoli!), con una cura dei dettagli e una palpabile "convinzione" che non si sentiva da tempo in casa Machine Head - complice sicuramente "l'aria fresca" portata dalla nuova line up - che fa si che anche i pezzi che a primo impatto non colpiscono particolarmente, dopo alcuni attenti passaggi convincano appieno e risultino assolutamente degni di stare in tracklist. Ne ho lette tante su questo disco (e molte da chi, come al solito, ha probabilmente tirato un giudizio dopo mezzo ascolto online mentre passava la scopa elettrica), ma mi spiace, a meno che non piaccia la band per sacrosanti gusti personali o vi stia antipatico il loro leader, non c'è lamentela che tenga: i Machine Head sono tornati, il condottiero Flynn è per l'ennesima volta risorto dalla proprie ceneri e ha sfornato l'ennesima bomba. Il caso è chiuso.
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