MACHINE HEAD: THE BURNING RED
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25/03/2005Che è successo ai Machine Head? Questo ci siamo chiesti tutti quanti all’alba della release di “The Burning Red”, terza fatica per la band californiana dopo il fondamentale “Burn My Eyes” e l’essenziale (giusto per non essere ripetitivi) ma ostico “The More Things Change”. Dove sono finiti quei quattro guerriglieri post atomici a cui ci eravamo affezionati? Uno di loro è sparito; Logan Mader è stato sostituito dall’uomo coi dread a elicottero, Ahrue Luster. Ma è cambiato anche qualcos’atro: Robb Flynn si è tagliato i capelli, ora li ha a spazzola ed ossigenati, e si dipinge le unghie di nero. Insomma, il biglietto da visita che “The Burning Red” fornisce all’ascoltatore non è dei migliori, senza contare la tanto strombazzata produzione a cura di Ross Robinson: ora non se lo ricorda più nessuno, all’epoca era il produttore ‘nu’ per eccellenza (opera sua il debutto dei poi ossannati Slipknot). E, ahimè, qualcosa è cambiato anche musicalmente. Dimenticate le scorribande (post)thrash e i brani complessi dei primi due album; non ci sono più, o meglio, si sono liquefatte in una soluzione che deve gran parte delle sue caratteristiche al nu metal. L’opening track “Desire To Fire”, preceduta da una breve intro, inizia come un brano abbastanza tipico, ma dopo un paio di riff…cosa succede? E’ proprio Robb Flynn quello che sta rappando sulla base sincopata del brano? Bisogna rassegnarsi all’evidenza, che i Machine Head schiaffano sul piatto fin dal primo brano. Evoluzione? Commercializzazione? Non lo sapremo mai veramente; ma tant’è, “The Burning Red” è un disco valido da molteplici punti di vista. Non mancano i brani di qualità, come la stessa “Desire To Fire”, “The Blood, The Sweat, The Tears” (tuttora un classico nel repertorio live della band), la rap metal song “From This Day”, “Nothing Left”, “Silver”, la sorprendente cover dei Police “Message In A Bottle” e la struggente title-track finale che suggella degnamente questo album della svolta. Che dire quindi? Beh, sicuramente non siamo ai livelli più alti raggiunti dai Machine Head, anzi; ma, rispetto allo sfacelo totale che sarà il seguente “Supercharger”, “The Burning Red” va preso per quello che è: un colpo di testa come può capitare a tutti. Certo di valore, ma pur sempre un colpo di testa.
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