MACHINE HEAD: BURN MY EYES
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05/02/2004"Burn My Eyes". Così si intitola lo sfolgorante esordio dei Machine Head, una delle prime band di cosiddetto 'post-thrash'. Il modello nel quale si ritrova la band di Robb Flynn (ex membro dei Vio-lence, una delle tante colonne portanti del thrash bay area all'epoca d'oro) è, sostanzialmente, quello proposto dai Pantera; ma se Anselmo e compagni hanno sempre dimostrato qualche incertezza, soprattutto considerando che per partorire gli unici due dischi davvero validi in curriculum è servito un sacco di tempo, i Machine Head azzerano il punteggio con "Burn My Eyes", radendo il suolo la concorrenza senza pietà. L'opener "Davidian" (canzone per la quale hanno rischiato seriamente di passare alla storia) riuscirebbe a demolire un palazzo di svariati piani, tanta è la potenza sprigionata, ma se pensate che il quartetto statunitense sappia muoversi con disinvoltura solo in ambiti mid-tempo vi sbagliate di grosso. La slayeriana "Blood For Blood" o l'infuocato finale di "A Nation On Fire" segnano tempi di puro thrash primordiale, velocità alle quali i Pantera non hanno mai osato avvicinarsi; e poi ci sono le suggestioni melodiche di "Old", c'è la pesantezza di "Death Church" e il massacro finale di "Block" (mai titolo di un brano fu più azzeccato), la sorellina di "Davidian", dove la band ribadisce la propria superiorità nell'uso assolutamente letale degli armonici di chitarra. "Burn My Eyes" è quindi un album da avere, anche solo per rendersi conto di come hanno spirato i venti metallici prima dell'invasione dei polpettoni riscaldati (power) e del nu metal; è un peccato che i Machine Head, dopo il secondo (validissimo e sottovalutato) "The More Things Change" si siano persi un po' per strada, recuperando ampiamente solo dopo qualche anno con il fresco "Through The Ashes Of Empires". Il loro debutto è però imprescindibile.
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