LAST IN LINE: II
data
01/03/2019Secondo capitolo per i redivivi superstiti dei Dio dei primi tre album, con l'eccezione di Jimmy Bain, mancato nel 2016 e qui sostituito da Phil Soussan. A quanto pare 'Heavy Crown' non è stato un disco passeggero, ed il progetto prosegue sulla stessa falsa riga del lavoro appena citato: heavy rock ora cadenzato, ora furente, ed alcune brevi incursioni nell'hard settantiano che non si percepivamo in modo così evidente nell'esordio. La qualità è più o meno la stessa, forse una spanna sopra, ma se proprio vogliamo evidenzare una differenza in positivo, la coesione dei quattro appare più strutturata e concreta. Lo si evince dalla scrittura: se è vero che manca il pezzo, o la sfumutara che potrebbero fare al differenza, e che potrebbero portare la valutazione finale più in alto, è altrettanto vero che i Last In Line suonano come una vera band, o almeno lo sono di più rispetto a tre anni fa. La costante, invece, è rappresentata dalla voce di Andrew Freeman, stentorea e funzionale al progetto, nonchè per fortuna meno straripante. Un controllo del potenziale vocale perfetto al servizio dei brani, senza mai perdere di vista l'importanza dell'impronta solista. Una vera manna per qualunque band si misuri con l'heavy rock ottantiano, e figlio legettimo del progetto portato avanti dal mai troppo compianto R.J. Dio. Ci godiamo questo secondo atto, quindi, sperando che il terzo, se ci sarà mai, riesca a superare i livelli dei primi due lavori.
Commenti