KOREA: THE DELIRIUM SUITE
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02/03/2011Il secondo disco del quartetto di Stoccolma, scoperto dal producer Blake Althen (attivo sin dai ninetines, nominato per due Grammy, autore di numerose colonne sonore e membro degli Human Factor) esce apparentemente per la sola label indie svedese ViciSolum, ma osservando più attentamente notiamo la compresenza di una major come la Warner. Forse l’interessamento di una grossa etichetta è la bussola che indica il forte appeal commerciale di un lavoro come questo, pesantemente influenzato da bands come Muse ("Enemies" pare quasi una loro cover intrecciata ad un brano dei Coldplay), Linkin Park (quelli più melodici e pop piuttosto che per le cadenze hip-hop qui del tutto assenti), e A Perfect Circle. La somiglianza, o l'intenzione di farlo, con la band di Billy Howerdel è smaccata anche se mitigata da un uso più massiccio dell’elettronica, e una minore concessione (anche in fase di produzione) a suoni e riff rock ed alternative. La malinconia diffusa, non solo nei testi, trova il miglior sfogo in pezzi come "Logical Falllacies", che si segnala almeno per il tentativo di smarcarsi dalla melassa del già sentito. Peccato che la seguente "Cave Dweller" flirta addirittura con gli HIM, pur non fregiandosi della calda e personale vocalità bella e dannata del Jim Morrison finnico. Sfiziosa "Prozac Gen." nonostante la struttura semplice, che si fonda su un giro techno-trance e che vede la voce di Michael Ehrnsten effettata oltremisura, mentre "Carpet-Slipper" sembra uno scarto da 'One Second' dei Paradise Lost con il cinquanta per cento in meno di carisma. A questo punto se vi dicessi che nella tracklist è compresa anche una cover dei Radiohead (l’ultima traccia di 'The Bends' del 1995) saprei di non influenzare troppo l’opinione che vi sarete fatti di un lavoro gradevole e, grosso modo, inutile.
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