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JUDAS PRIEST: STAINED CLASS

data

05/04/2004
100


Genere: Heavy Metal
Etichetta: CBS
Anno: 1978

Non c’è niente da fare: la vita è fatta di punti di vista! Intendendo il 1978 da un accezione hard rock in generale, vediamo una situazione di stallo se non addirittura di crisi. Basti pensare alla maggior parte dei mostri sacri dell’epoca per i motivi più vari scaduti nella mediocrità. Tutto questo fu “merito” delle nuove tendenze musicali che investirono anche il sociale(vedi il Punk). Ma se guardiamo il 1978 dal punto di vista dei Judas Priest ci rendiamo conto che la fiamma dell’heavy rock non si sarebbe spenta tanto facilmente. Halford &Co sono tra i primi a rendersi conto che il periodo hippy è FINITO: la flanella tornera’ di moda (non per loro…per fortuna)circa quindici anni dopo! Da ora in avanti a farla da padrone saranno solo cuoio e borchie. “Stained Class”, il primo di una coppia di album CAPOLAVORO, può essere considerato come apripista della nascente NWOBHM, di li a poco alla ribalta. Un’importanza storica, questa, che forse solo Thin Lizzy e Motorhead posso condividere. ”Exciter” è l’inizio della fine…per le altre bands! Veloce e cattiva con Les Binks dietro le pelli che pompa di brutto e Rob Halford che raggiunge tonalità alquanto siderali. Le chitarre di Tipton e Downing sono come se materializzassero una lama che riduce a brandelli tutto e tutti. Il rullare iniziale della batteria ci conferma che siamo di fronte al vecchio Testamento del metal (“Painkiller” sara’ il nuovo). ”White Heat, Red Hot” e “Savage”, col loro incedere pulsante, se analizzate attentamente si vedrà come il retaggio settantiano stia progressivamente sfumando in qualcosa di “priestiano”. Come in passato, anche in quest’occasione ci viene proposta una cover(e non sara’ nemmeno l’ultima), ”Better By You, Better Than Me”, originalmente proposta dagli Spooky Tooth nei primi anni settanta. Proprio a “causa” di questa canzone una decina di anni più tardi il combo inglese sarà accusato (e successivamente assolto) per induzione al suicidio. Di difficile descrizione risulta essere la titletrack: che pezzo! Lo storico arpeggio ci introduce al genere “cavalcata” che avrebbe fatto la fortuna degli Iron Maiden. Inoltre che brivido il bridge con Halford che si alterna a brevi ma intensi assoli. ”Invader” introdotta da effetti “alieni” si presenta inaspettatamente solare con reminiscenze purpleiane molto evidenti. “Saints in Hell” riporta il disco al mood abituale. Song monolitica alla stregua di “Victim of Changes”, caratterizzata da un cambio di tempo che esplode in un riff roccioso. L’apice emozionale si raggiunge con ”Beyond The Realms Of Death” con i suoi sette minuti di struggente bellezza: Halford si adegua all’incedere sia del melodico arpeggio(sfornando un cantato caldo e melodico), sia al mastodontico riff(dando prova delle sue qualita’ balistiche). Gli assoli a corredo farebbero accapponare la pelle pure ad un coccodrillo. La chiusura spetta alla grande “Hero’s End”, tipica heavy metal song che suggella un album STRAORDINARIO.

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