GUILTY METHOD: TOUCH
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08/02/2004Nuova realtà del panorama alternative lombardo, i Guilty Method propongono un crossover molto personale e ricco di spunti interessanti, capace di creare svariati tipi di atmosfere, che vanno da situazioni più intimiste ad altre più aggressive. Caratteristica peculiare della band è quella di annoverare tra le proprie fila un violinista, e visto come questo strumento, normalmente estraneo all’universo metal, riesce ad inserirsi nel contesto, giocando anche ruoli preziosi e ritagliandosi spazi di primo piano, direi che la sua presenza è tutt’altro che inutile. “Father” apre il primo full lenght del gruppo milanese come meglio non si potrebbe, risultando alla fine uno degli high-light di “Touch”. Il brano mostra tutte le capacità del singer Mario, dotato di una voce tanto delicata quanto perforante, che integra perfettamente il tappeto sonoro intessuto dagli altri musicisti. Tra i dieci pezzi proposti ho molto apprezzato la semi-ballad “Born Again”, più che discreta, grazie ad un refrain dal forte sapore melanconico, e “My Mind Is A Cage” che mi ricorda qualcosa degli U2 (!), anche se ovviamente il contesto in cui ci troviamo è molto più pesante e decisamente più claustrofobico, con la voce di Mario che sembra essere l’unico raggio di luce in grado di filtrare in mezzo a muri di suono così plumbei. Non del tutto sufficienti, a mio avviso, “If We Forget To Breathe” (insipida) e “Ink”, i cui momenti degni di nota (il ritornello), si perdono nella noia generale. Molto meglio il finale con “War Inside” che alterna parti leggiadre e sognanti ad incisi esplosivi. Un lavoro da scoprire che, aiutato da una buona produzione, testimonia il valore di un gruppo dalla forte personalità che sembrerebbe avere tutti i mezzi per andare lontano.
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