FEAR FACTORY: TRANSGRESSION
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21/09/2005I titoli dei lavori fearfactoryani hanno sempre rispecchiato, in qualche modo, il loro contenuto (se si esclude l’ossimoro quasi grottesco di “Obsolete”). E dopo l’archetype dell’anno scorso, restituente un quartetto classicamente FF come da previsione, arriva “Transgression”. Cos’hanno trasgredito Burton, Christian, Raymond e Byron? I confini, già labili, del loro sound (s)quadrato e compresso. L’opener “540,000° Fahrenheit” può essere considerata un riassunto anticipato dell’album in generale. Un umore a metà tra i pestoni tipici della band losangelina e l’infatuazione mai nascosta per le melodie (che c’entri il side project di Burton, gli Ascension Of The Watchers?). I Fear Factory trasgrediscono perché il secondo pezzo in scaletta, la title-track, pare quasi un violentissimo outtake di “Soul Of A New Machine”. Ennessimo ossimoro, strategia dello spiazzamento. E’ un ascolto paragonabile ad un ‘rise and fall’ quello di “Transgression”; l’epica “Contagion” (non dissimile dalla stessa “Archetype”), l’atmosferica “Echo Of My Scream” dove per la prima volta sentiamo dei Fear Factory vicini alla riflessione pure e un brevissimo assolo conclusivo di Christian, l’inaspettata e sorprendentemente bella rock song “Supernova”, la cover degli U2 “I Will Follow”, il macello conclusivo di “Moment Of Impact”, che è come se uno vi prendesse a martellate dopo avervi rimboccato le coperte. E’ difficile, almeno per ora, stabilire se “Transgression” sia un lavoro di transizione o un semplice esperimento. Quale che sia, va detto che si percepisce una insicurezza che non personifica in nessun brano in particolare, ma comunque presente. Transizione o no, “Transgression” è un gran bel lavoro.
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