EXTREME: Waiting For The Punchline
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21/02/2011Esiste una corrente di pensiero secondo la quale, una volta raggiunto l'apice, tocca solamente percorrere la discesa: il quarto lavoro in studio degli Extreme può esserne un esempio in campo musicale. Li avevamo lasciati tra le glorie di un album perfetto, l'esemplare connubio tra l'anima hard rock ed il fuoco indimenticabile delle melodie alla Queen, e ad appena tre anni di distanza il terreno pare esserci crollato sotto i piedi. "Nuno Bettencourt scopre il grunge" sarebbe potuto essere il titolo alternativo di questo comeback impregnato com'è di sonorità molto distanti (e quindi spiazzanti per i fans) da quelle che avevano consentito al combo, guidato dalla straordinaria voce di Gary Cherone, di ritagliarsi uno spazio nell'hard rock hall of fame. Dall'attacco di "There Is No God", caratterizzato dal cantato sporco di Cherone (caratteristica costante dell'album, e poi accentuata al momento del suo passaggio nei Van Halen post-Hagar), pare sia cambiato quasi tutto, ed anche se nella successiva "Cynical" e in "Hip Today" c'è l'intenzione di strizzare nuovamente l'occhio agli amanti dei tempi che furono, a scoraggiare i più speranzosi c’è la grunge-devoted "Tell Me Something I Don't Know", infilata tra le due tracce, che scompiglia un bel po' le cose, e che marca a fuoco il decisivo cambio di rotta di tutta la band, stravolta anche dall'abbandono di Paul Geary (che tuttavia suona nella maggior parte dei pezzi) per il più tecnico Mike Mangini. "Naked" è tutto uno strappare la voce di Cherone, mentre "No Respect" e la malvagia "Evilangelist" non fanno che affossare ancora di più un album che, se non fosse per lo speziato capriccio chitarristico di "Midnight Express", (guarda caso inserita sempre nelle setlist del gruppo) semplicemente da applauso a scena aperta, sarebbe da archiviare piuttosto in fretta. Si potrebbe obiettare che, verso la fine, il trademark Extreme in qualche modo riaffiora nelle tracce più lente e più bluesy, nel romanticismo di "Unconditionally", ma rendiamoci conto che, inserite nelle tracklist dei precedenti platters, sarebbero state poco più che b-sides. Il drumming molto dinamico di Mangini ben s'inserisce in questo cambio di rotta, anche se limitatamente ad un pugno di tracce, ma il più è una pallida ombra di quello che erano gli Extreme: scordatevi cori e duetti tra cantante e chitarrista, meno che mai tastiere, moog e orchestrazioni. Non ci sono colpi di genio, i solos malinconici e ultramelodici del polistrumentista Bettencourt, i virtuosismi di tutti i componenti, la varietà che aveva caratterizzato un lavoro come 'III Sides'. Non è quindi frutto del caso che l’album, in termini di vendite, fu un vero flop e determinò lo scioglimento del gruppo con la partenza di Cherone alla volta dei Van Halen (la cui permanenza durerà giusto lo sbatter d'ali dell'altro flop che diverrà 'III'), e l’inizio della carriera solista di Bettencourt sulla falsariga proprio di 'Waiting For…'. Se il pop è più permissivo nei confronti di mute di pelle e stravolgimenti anche notevoli, il rock lo è decisamente meno, e l’hard pop rock di un tempo, tramutato in un grunge poco convincente e alquanto posticcio, non poteva che regalare al quartetto questi scarsi risultati.
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