BROKEN HOPE: Mutilated And Assimilated
data
13/07/2017Giunti al giro di boa di questo 2017, possiamo tranquillamente affermare che il Death Metal è e sarà il genere protagonista di questo caldissimo anno. Con ancora nelle orecchie i nuovi colpi sferrati da Suffocation, Dying Fetus, Immolation, Obituary e Incantation, senza dimenticare Decapitated e Decrepith Birth dietro l'angolo, incazzati a dovere si spera, ecco irrompere a gamba tesa il nuovo Broken Hope del rinato Jeremy Wagner. Il precedente 'Omen Of Desease' effettivamente non scherzava sulle loro reali intenzioni. I ragazzi di Chicago erano tornati come se non si fossero mai fermati anzi, stavano ancora meglio di prima. Wagner aveva azzeccato la line up al punto che oggi, questo nuovo 'Mutilated And Assimilated' si assesta un palmo sopra tutte le uscite registrate fin'ora. Il disco è devastante e puzza di sangue marcio dall'inizio alla fine. Il suono delle chitarre ed il songwriting rappresentano il concetto ideale di old school death suonato nel 2017, mantenendo intatti gli elementi che da sempre caratterizzano il loro approccio stilistico e visionario come gore e splatter. Anche sull'aspetto riguardante l'artwork i BH restano chiari, con il talento di Wes Benscoter (Autopsy, Sinister e Kreator tra i tantissimi) che esplode in una copertina spettacolare, dove il mostro creato sempre da Wes su 'Omen Of Disease' è mutato, generando un abominio maestosamente putrido. Niente fighettate alla Suffocation per intenderci, che con la cover di 'Of The Dark Light' si convertono al trend futurista, preferendo l'intellettualità di corpo e luce alla viscida carica visiva di sangue e carne. 'Mutilated and Assimilated' è esplicitamente concepito per spaventare e impressionare, riuscendoci alla grande soprattutto con la tripletta iniziale aperta da “The Meek Shall Inherit Shit” e chiusa dalla title track. Poi ci sono “The Carrion Eaters” e “Hells Headpuppers” a rincarare la dose, fino alla conclusiva “Beneath Antarctic Ice”, un outro strumentale ansiosamente melodica, spiazzante e sinistra, tipica del loro repertorio, un po' come l'intro di 'Bowless Of Repugnance' tanto per intenderci. In chiusura, un bel concentrato di pesantissima nostalgia, con una versione riarrangiata di 'Swamped In Gore'. Jeremy Wagner dimostra oggi, dopo tanti anni, che forse è sempre stata lui l'anima dei Broken Hope e questo disco, suonato con l'ispirazione di chi imbraccia oggi tutte le chitarre appartenute a Jeff Hanneman, ne è la prova indubbia.
Commenti