IT'S FOR US: Stay
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13/03/2019Il monicker It’s For Us quali informazioni potrebbe fornire all’ignaro ascoltatore/acquirente sul genere proposto dagli svedesi? Nessuna, pertanto è uno dei meno appropriati tra quelli utilizzabili (non ci sono più i nomi evocativi di una volta); ma non fossilizziamoci su questo aspetto, già la copertina potrebbe darci qualche informazione in più (ricorda il layout dei Chameleons di ‘What Does It Mean Basically’), mentre il disco esce per la Novoton Records: vi dicono nulla i Then Comes Silence (con i quali i rispettivi leader condividono la perdita di un genitore durante le fasi di scrittura dell’album, nonchè fonte di catarsi e sfogo per la frustrazione nel sentirsi impotente di fronte alla morte)? Bene, ci troviamo in quelle stesse acque: post punk, dark/wave di gran classe e dotato di groove virale; qualche pandemia sta provocando delle strane alterazioni in Scandinavia; non vorrei esagerare asserendo di una seconda ondata di retro-goth albionico, ma non siamo troppo lontani visti i risultati ottenuti. Ovviamente i riferimenti stilistici sono quelli delle band storiche: Joy Division in “The Closing”, The Cure in “All The Time”, Interpol in “Destruction”, Soft Moon, grandi hook, tribalità Christian Death in “Kaos”, ritornelli che si piantano facilmente nella cervice come in “Catcher In The Rye”, ed una voce che si muove tra Siouxsie e le X Mal Deutschland; fa eccezione la troppo ripetitiva e poco ispirata “Huddinge”, ma la band è da tenere d’occhio per la capacità di scrivere brani accattivanti senza essere spudoratamente ruffiani o derivativi. Non ci sorprenderemmo se li trovassimo in heavy rotation nei dancefloor di mezza Europa.
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