ALKYMIST: Sanctuary
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04/05/2020I danesi Alkymist escono per Indisciplinarian con il loro secondo full-length, ‘Sanctuary’. Il loro stile abbraccia una nicchia di generi che sono strettamente imparentati. L’oscurità aleggia sul loro sound, quella fusione di doom, sludge, progressive, con qualche spruzzata di black genera vibrazioni malinconiche e violente allo stesso tempo. È chiaro che le influenze arrivano dai capostipiti di questi generi ma la loro personalità è preponderante; infatti se nella voce growl si avverte il soffocamento dei Crowbar, di matrice fortemente sludge, gli arrangiamenti dei brani e le voci pulite ci portano su lidi accarezzati da Paradise Lost, Neurosis o A Storm Of Light. È da notare la matrice fortemente atmosferica di pezzi come “Desolated Sky”, il pezzo che ho preferito, o “S.O.Y” che donano con i suoni puliti un’anima fortemente malinconica. La psichedelia del progressive è una nube che permea tutto; in taluni casi come nella opener “Oethon” donando epicità e fierezza mentre in casi come “Astral Haze” follia e fumi lisergici, sempre impregnati di violenta cupezza. La voce di Peter Bjørneg dona a tutto il lavoro una lucida cattiveria nelle parti sporche mentre un seme di follia germoglia durante le parti più pulite. Il disco ruota attorno a domande metafisiche, ricerca dell'anima, fuga mentale e cerebrale e, in definitiva, alla ricerca di ottenere la redenzione di spirito e carne. Niente male davvero, un lavoro ricco di emozioni e malinconia, forse poteva essere ancora più vario date le potenzialità dei musicisti e del cantante che, a tratti, danno la parvenza di accontentarsi del compito ben fatto senza voler andare oltre le proprie possibilità.
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