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NECRODEATH

Ogni volta che incontro i Necrodeath è sempre un evento speciale per il sottoscritto. Sono un loro fan da quasi trent’anni ed ho avuto la fortuna di diventare loro amico vent’anni fa circa. Quindi, dopo qualche minuto di sano cazzeggio tra noi, ho faticosamente vestito il ruolo serioso dell’intervistatore ed ho fatto un po' di domande a Peso e Flegias, rispettivamente batterista e cantante. E sono uscite molte cose interessanti anche per chi come me li conosce da una vita. La band è attualmente in tour per promuovere ‘Defragments of Insanity’ (ovvero, la ri-registrazione con l’attuale line-up del loro secondo album ‘Fragments of Insanity’ pubblicato nel 1989), e stasera (26 ottobre) metterà a ferro e fuoco il Defrag di Roma.

Peso, sei l’unico rimasto della formazione originale. Che sensazioni hai provato a registrare nuovamente le canzoni di ‘Fragments of Insanity’ 30 anni dopo? Peso: Prima di tutto ho cercato di ricordare come era stata la prima registrazione. Eravamo andati al ‘Big Studio’ di Milano perchè ci era stato consigliato da AC Wild dei Bulldozer e perchè era uno studio all’avanguardia per quei tempi. Mi ricordo che fu abbastanza difficile registrare le batterie di quel disco, perché forse cercavo di fare cose più complicate di quello che potevo fare. Alla fine, faticando e incidendo più volte le parti, sono riuscito a ottenere un risultato finale soddisfacente. Questa volta, invece, avendo uno studio che è di proprietà di Pier (Gonella, il chitarrista della band), abbiamo sfruttato al meglio i ritagli di tempo libero durante il tour di ‘The Age Of Dead Christ’, abbiamo re-imparato e ri-registrato i pezzi con tutta calma e in maniera molto più serena. Un processo durato circa un anno, ed una volta portate a termine le 33 date del tour, il disco era già pronto. Una sensazione molto più piacevole, quindi, perché più diluita nel tempo e più rilassante. Siamo molto soddisfatti del risultato finale perché fare un remake, che di per sé è già una cosa molto rara nel metal, è sempre un grosso rischio.

Oltre al sound decisamente migliore, trovate che a livello compositivo e lirico le canzoni siano ancora attuali ed appetibili per i nuovi fans del metal? Flegias: Ritengo che quest’album sia assolutamente competitivo nel 2019 perché i Necrodeath, 30 anni fa, erano all’avanguardia. Sul vecchio album c’è forse un pizzico di confusione a livello di registrazione, ma abbiamo cercato di mantenere lo stesso pathos e di cambiare meno cose possibili perché ‘Fragments’ era un album talmente avanti che abbiamo cercato di non spostare neanche una virgola a livello esecutivo. Io ho addirittura cercato di ripetere gli stessi urli che faceva Ingo, il primo cantante dei Necrodeath e che per me era il numero uno tra i cantanti di metal estremo, proprio perché non volevo togliere nulla a quel disco. La nostra non è stata un’operazione meramente commerciale, ma abbiamo voluto restituire ai fan un album che noi non possiamo più ristampare perché non più di nostra proprietà. Abbiamo voluto ri-registrare queste canzoni per gli appassionati di nuova generazione che non avevano ancora avuto la possibilità di ascoltarle e per fargli capire quello che erano i Necrodeath nel 1989.

Peso: Esattamente! Abbiamo addirittura cercato di utilizzare il meno possibile la tecnologia in fase di registrazione e produzione. La prima cosa che abbiamo fatto è stata accantonare il metronomo e registrare la batteria come se fosse un concerto, con tutte le accelerazioni e decelerazioni del caso.

In questi 30 anni, come è cambiata la scena metal in Italia? La trovate migliorata o peggiorata? Peso: io ho vissuto tre fasi: la prima, quella primordiale, dove noi eravamo dei pionieri e abbiam fatto sei concerti in 5 anni perché non c’erano strutture dove poter suonare. Eravamo visti come extra-terrestri, ma nonostante questo un pubblico c’era e stava crescendo, tanto che nel 1984 c’erano diecimila persone a vedere Venom e Metallica in un Palatenda di Milano che strabordava. Ma mancavano le strutture per le band underground come la nostra. La seconda fase, quella degli anni '90, l’ho vissuta inizialmente con i Sadist e successivamente con la nostra reunion, ed è stata la migliore sia come presenza di locali che come partecipazione di pubblico. Ovunque andavamo, i club erano strapieni! La terza fase, quella che stiamo vivendo attualmente, è la peggiore e riguarda tutti. Persino le band più mainstream fanno fatica a riempire i palazzetti, e per farlo devono annunciare un tour d’addio, vero o falso che sia. Per fortuna la nostra passione e la nostra voglia di suonare sono sopravvissute a tutte queste fasi e a tutte le mode e tendenze che ci sono state nel metal. Oggi siamo felici di essere qui a Roma e finchè ce la facciamo fisicamente, non molliamo e teniamo duro.

Peso, ti va di raccontarci qualche aneddoto relativo alle registrazioni dell’album nel 1989? Peso: venivamo dalle registrazioni del primo album, fatte in uno studio molto prestigioso dalle nostre parti che però si occupava prevalentemente di musica leggera. Nonostante questo, i due fonici di allora (tra cui Aldo De Scalzi, famoso compositore di colonne sonore) sebbene fossero poco avvezzi alle sonorità metal riuscirono a dare a ‘Into The Macabre’ il sound "sporco" che cercavamo. Al contrario in ‘Fragments’, nonostante i fonici che se ne occuparono fossero molto più vicini al nostro genere, non sono riusciti a dare quella potenza e quella cattiveria presenti sull’ album d’esordio. Era una cosa nuova per tutti, anche noi non sapevamo a cosa stavamo andando incontro e non avevamo ancora una strumentazione adeguata. L’amplificatore con cui registrammo le parti di chitarra ce lo facemmo prestare da Andy Panigada dei Bulldozer perché noi in sala prove suonavamo ancora con i combo! Eravamo inesperti e questo si sente su ‘Fragments’, anche se poi l’album è stato apprezzato ugualmente.

Flegias: io per primo apprezzo quell’album! Seguivo i Necrodeath fin dai tempi del demo-tape, e nonostante il sound facesse cagare, i pezzi erano fortissimi e li amavo. Purtroppo mancava quella "sporcizia" che potevi trovare sui dischi di band come Hellhammer o Venom, la produzione era troppo legata al pop italiano. Invece ‘Fragments of Insanity’ rendeva giustizia alle loro composizioni con un sound finalmente ascoltabile!

Peso: Come vedi abbiamo due idee diverse pur stando nella stessa band [ride, ndr]! Però c’è da aggiungere una cosa importante: mentre ‘Into the Macabre’ fu composto per una chitarra sola, ‘Fragments of Insanity’ fu concepito per due chitarre perché in quel periodo Ingo iniziò a suonare la chitarra ritmica. Per cui ci sono più fraseggi e incastri che rendono differenti i due dischi.

Che fine hanno fatto Claudio, Ingo e Paolo della vecchia line-up? Siete ancora in contatto con loro? Peso: Della vecchia formazione sono rimasto in contatto solo con Claudio con cui mi vedo ancora spesso a cena. Lui purtroppo ha appeso la chitarra al muro, ma sa benissimo che quando vuole salire sul palco con noi per una jam sarà sempre il benvenuto.

Avete mai pensato di riunire per una sola data celebrativa la formazione originaria? Flegias: In occasione del venticinquesimo anniversario di ‘Into the Macabre’, Claudio è risalito sul palco con noi e quel concerto è stato immortalato sul nostro dvd ‘Hellive’. Ci furono anche altri ospiti, come Andy Panigada e AC Wild dei Bulldozer, e fu memorabile!

Peso: Claudio lo sa, quando vuole suonare una ‘Mater Tenebrarum’ con noi, la porta è sempre aperta.

Peso, ti va di fare un paragone tra la formazione del 1989 e quella attuale dei Necrodeath? Peso: il paragone è semplice: nel 1989 avevamo 20 anni e non sapevamo cosa stavamo facendo. Tutto era dettato da istinto, potenza e rabbia. Oggi invece c’è consapevolezza in quello che facciamo e siamo musicisti migliori, anche se la tecnica non è un elemento che intendiamo sfoggiare nelle nostre canzoni. Oggi componiamo con una esperienza tale che ci permette di riconoscere un pezzo che funziona da uno che non funziona. Dai nostri esordi abbiamo composto circa 200 canzoni e la formula giusta per comporre un pezzo vincente non la conosciamo ancora, però con la formazione attuale quando iniziamo un lavoro sappiamo esattamente da dove cominciare e dove andremo a finire.

Flegias: Io sono entrato nei Necrodeath circa vent’anni fa e da allora, quando salgo sul palco, cerco di mantenere quella inconsapevolezza e quella rabbia che hanno contraddistinto i Necrodeath fin dagli albori.

Peso: Si, sul palco ci sta. Ma il lavoro in studio è completamente diverso.

A proposito di lavoro in studio, state già lavorando a del materiale nuovo? Flegias: i Necrodeath sono sostanzialmente degli stakanovisti, e se recentemente non avessi avuto un piccolo problema di laringite, forse a quest’ora il disco sarebbe già pronto!

Peso: noi lavoriamo sempre a materiale nuovo. Io e Pier abbiamo la fortuna di lavorare in uno studio di registrazione e ogni volta che abbiamo delle idee le registriamo e le salviamo in una cartella. La settimana prossima finiremo il tour e poi ci siederemo alla consolle, riascolteremo quelle idee e cercheremo di far uscire qualcosa per il prossimo anno.

Cosa spinge una band come la vostra a fare ancora musica in questi anni in cui sembra esserci sempre più disinteresse? Vi dà più forza o scoramento? Peso: A volte è dura macinare tanti chilometri per andare in città lontane e suonare in un locale mezzo vuoto. Noi cerchiamo di vedere le cose in ottica positiva: ci sono serate che vanno benissimo e altre serate che vanno meno bene, ma sono arrivato alla conclusione che il merito o la colpa della riuscita di un evento non è mai della band, ma sempre del promoter locale. Finchè noi avremo voglia di salire sul camper e di fare tanta strada divertendoci e facendo bei concerti, ce ne sbatteremo il cazzo di quanta gente ci sarà. L’unica cosa che ci preme è salire sul palco e fare sempre il nostro dovere.

Avete deciso di tirare su la band nel 1984 dopo aver visto il memorabile concerto di Venom e Metallica a Milano. Oggi, un giovane musicista, che band dovrebbe andare a vedere per avere lo stesso moto e aver voglia di fare musica propria? Peso: per me gli Slayer sono e resteranno sempre la band da vedere. Anche se non ho ancora capito se si siano sciolti o meno. Tu ne sai qualcosa?

Peso, negli anni hai evoluto il tuo stile batteristico ed hai integrato il tuo setup con percussioni piuttosto atipiche per il metal. Molti, compreso me, pensano che tu sia ancora uno dei migliori batteristi del genere. Qual è il segreto per migliorarsi sempre? Peso: io a vent’anni sono partito con una batteria con 4 tom, 2 timpani e 3 rototom che entrava a fatica nella sala prove! Ora dal vivo suono con un solo tom e me lo faccio bastare. In studio ancora mi piace usare rototom o octoban per le loro frequenze altissime da incastrare con quelle più basse di tom e timpano, ma in concerto invece ho semplificato tutto e cerco di usare solo quello che è davvero essenziale per un brano dei Necrodeath. Per me esistono quelle tre o quattro regole da cui non mi stacco mai e cerco di utilizzarle correttamente sempre per il bene della canzone. Ci sono dei momenti in cui si possono fare delle evoluzioni particolari e altri in cui devi fare la cosa più semplice possibile per esaltare una parte del brano.

La chiacchierata si esaurisce qui perché tra poco i Necrodeath dovranno salire sul palco del già gremito Defrag. E, c’è da scommetterci, sarà la solita lezione di violenza sonora.

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