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TRADATE IRON FEST: C'era una volta

Tifsez

Una vita fatta di concerti e festival. Infiniti trasferimenti notturni e precari, immensi sacrifici economici, scomodità di ogni sorta e notti insonni per assistere ad un concerto, ad un festival. Ricordi di momenti incredibili, di incontri, di fotografie nitide, di altre un po' sbiadite, ed esibizioni da favola, concerti memorabili. Tutto questo vissuto sia da spettatore, sia da "addetto ai lavori" tra tortuosi e fin troppo affollati stazionamenti nei pit, sotto al palco a scattare foto, a prendere nota, ad aspettare persone, band, promoter. Poi arriva il TIF, il Tradate Iron Fest al suo terzo allestimento. Proprio in questi giorni ricorrono i 15 anni dell'edizione. La prima e purtroppo l'ultima a cui ho assistito. Essendo stata l'ultima in assoluto - il festival non ha più avuto altre edizioni - questa in oggetto ha assunto un carattere dalla grande valenza storica sia per la riuscita, sia per l'esperienza vissuta in prima persona, in prima linea, dato che Hardsounds era uno dei maggiori sostenitori del TIF, se non il più importante sostenitore tra le webzine considerato che dedicammo moltissima esposizione al festival, e visto che qualche membro della redazione - come l'onnipotente Pierpaolo Monti - contribuì di persona a supportare l'organizzazione. In prima linea perchè eravamo sul campo, dentro e fuori al fulcro vitale del TIF: sotto al palco ad assistere a prestazioni di band stratosferiche frutto di un bill altrettanto importante (Dio, Saxon, Jon Oliva's Pain, Riot, Vicious Rumors, Sentenced, Candlemass, Anvil, Exciter, Axel Rudi Pell, Gotthard e via dicendo), e dietro al palco, nel cosiddetto backstage, lì dove ogni due passi incontravi qualche membro delle band con il quale scambiare due chiacchiere in piena libertà, in via ufficiosa, e farti firmare autografi.

Non ultima l'intervista a Ronnie, anche se "cumulativa" in presenza di altre "testate". Spesso etichettato come una star dal carattere difficile, Ronnie quel giorno si dimostrò, invece, come una delle persone più disponibili, gentili e pazienti della scena. Era presente tutta la band, lì, in quello spogliatoio dove ebbi la fortuna di incontrare uno dei miei miti in assoluto. Momento in cui scattai con lui una foto, scambiai due parole ringraziandolo per tutta la grande musica che fino ad allora ci aveva donato, poi un autografo. Poi l'intervista da sbobbinare. Poi il panico e la tristezza che ancora oggi di tanto in tanto affiorano: avete presente quando ad uno dei momenti più belli mai vissuti si affianca più o meno uno dei momenti più sconfortanti? Bene, tornai a casa senza macchiana fotografica e senza registratore, smarriti chissà dove, probabilmente in mezzo al campo, tra tenda, sacchi a pelo e chissa cos'altro. Ma questa è un'altra storia. La memoria per fortuna funziona ancora bene, ed in alcuni cassetti è ancora tutto ben custodito.

Il TIF, dicevamo. Organizzazione a dir poco perfetta, pianificato da appassionati per fare felici altri appassionati, e non certo per sistemarsi a vita con gli incassi; servizi essenziali di livello superiore, ma mi preme evidenziare quanto a fare la differenza fosse l'atmosfera che si respirava una volta superata la soglia d'ingresso: entusiasmo generale come rare altre occasioni, palpabile, lo sentivi sopra e sotto la pelle; una grande comunità che si radunava per un unico scopo comune: vivere la musica al massimo in un clima di grande amicizia (senza mai essersi incontrati prima). Quello che in fin dei conti dovrebbe sempre essere, ma è risaputo che in territorio nazionale tirarsela a più non posso ai concerti per avere già visto seimila volte un gruppo, per avere intervistato chissà chi già migliaia di altre volte, per non dire di quelli che supportano la scena dal 1935, quelli che hanno ascoltato metal per la prima volta quando erano ancora parte di uno spermatozoo, sono le pratiche preferite di chi bazzica dentro e fuori l'ambiente. Tutti motivi che inducono a vivere l'esperienza complessiva con pessimismo e fastidio. Ma questa è un'ulteriore altra storia.

Ritorniamo al TIF. Anno 2005, terza edizione. Campo sportivo "Carlo Uslenghi" di Tradate (VA). Ben cinque giorni di concerti con una qualità media del bill che aumenta di giorno in giorno. A manovrare i fili ci sono i fratelli Quadrelli, Alex e Riccardo, l'associazione culturale Orpheus e tutta una serie di "spalleggiatori" legati alla zona ed al mitico locale MotoRockAs che resero quell'ultima edizione di quelle definibili senza dubbio come "storiche". Calore e passione, armonia e spensieratezza. Caldo e pioggià (durante l'esibizione dei Dio), i sempre ossannati ed osannabili fiumi di birra, i prezzi onesti, ma quel che resta ancora vivo del TIF è quella sensazione di avere vissuto un evento in famiglia, in una grande famiglia, vivendo a pieno quei valori tanto sbandierati dai metallonzi come la fraternità e l'amicizia (con una forte partecipazione attiva oltre il palco anche delle band presenti), e che mai ho avuto modo di vedere a questi livelli durante molti altri festival molto più noti ed in voga nel corso degli anni.

Questo era il Tradate Iron Fest, probabillmente al suo apice, ed il fatto che il festival abbia chiuso i battenti al suo massimo splendore è certo un bene, anche se è a causa di forza maggiore e per motivi "extra" festival che il TIF dovette chiudere bottega. Chissà mai cosa avremmo visto nelle eventuali edizioni successive, ma per quanto mi riguarda, almeno in Italia, per l'esperienza vissuta in prima persona (ben oltre anche le band presenti nel bill), il TIF 2005 è stato IL FESTIVAL dei FESTIVAL, secondo solo al Wacken.

Storie nella storia:

- I Sentenced unica nota stonata, ormai prossimi allo scigliomento. Ultima esibizione in Italia. Band scazzata, prestazione scadente, e Ville Laihiala pesantemente ubiraco sul palco (certo non l'unico), ma che riesce a reggere dal principio alla fine;
- Ira Black, l'allora chitarrista dei Vicious Rumors, incontrato una dozzina di volta tra backstage e Meet & Greet, e tutte le sante volte voleva vendermi la sua foto autografata; Brutta, tra l'altro.
- Anvil: la faccia di Steve "Lips" Kudlow di buon mattino alla mia richiesta di autografo. Ho ancora davanti agli occhi la sua espressione marmorea, indefinibile, mista tra il "che cazzo vuoi" ed il "a chi vuoi rompere le palle a quest'ora". Lui che con le smorfie ne ha fatto un mestiere. Vista la prestazione appena decente degli Anvil, non doveva essere una buona giornata quel giorno...
- Exciter: dirompenti dal vivo e umilissimi. Aprirono (quasi) l'ultima giornata, godendosi poi l'intero festival come se avessero pagato il biglietto in mezzo a tutti gli altri. Gente che ha pubblicato il primo disco nel 1983; Il derby canadese con gli Anvil è a loro netto vantaggio.
- Candlemass: al microfono c'era Messiah Marcolin. C'è da aggiungere altro? Ah, si, positivamente fuori di testa, sempre a scherzare, senza mai tirarsi indietro alla richiesta di un autografo o una foto; Davvero un simpatico patatone. E che concertone quello dei Candlemass!
- Dissection: la chitarra di Jon Nodtveidt (fresco d'uscita dalle patrie galere) smise di "suonare" già al primo brano, ma a quanto pare non si vendicò con nessun tecnico del suono dopo. O forse si?
- Saxon: una macchina da guerra dal vivo. Sempre;
- Jon Oliva: dopo una prestazione impressionante, e dopo un'impressionante bevuta post concerto, lo ritrovi a godersi il festival felice come una Pasqua;
- Riot: aver potuto finalmente assistere ad un loro concerto è motivo di grande felicità (con un Tirelli appena entrato in formazione ed un po' troppo impacciato sul palco). Mark Reale, non sarai mai dimenticato.
- Dio: nuvole minacciose e pioggia scrosciante, ma concerto da brividi sopra e sotto al palco. Degna chiusura di evento che ricorderò finchè la memoria me lo permetterà...
 

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