PAUL MAHER JR.: Tom Waits. Il Fantasma del Sabato Sera
L’evoluzione stilistica di Tom Waits attraverso una raccolta di interviste presentate in un libro. Non intime. Diciamo quelle di cui l’autore Paul Maher Jr. ha ottenuto i permessi necessari per procedere con la loro pubblicazione. Strutturato in tre parti: parte prima (1973-1982), da ‘Closing Time’ a ‘One From The Heart’; parte seconda (1983-1988), da ‘Swordfishtrombones’ a ‘Big Time’; parte terza (1992-2006), da ‘Bone Machine’ ad ‘Orphans: Brawlers & Bastards'. Un capitolo per ogni album. Puo’ essere letto in parallelo con l’ascolto della sua discografia, per avvicinarsi ad un personaggio di tale taratura, o per sfuggire al fantasma di serate sociali e arricchirsi di curiosità che descrivono, se vogliamo, una persona fragile, ma divertente, un facilmente deviato, ma riallineato, ma soprattutto un professionista nel depistaggio. Amante dei rumori, dei frastuoni del traffico in città. Dal dialogo lungo, macchinoso, nei suoi spettacoli; quello spoken word che caratterizza tutta la sua produzione. Una prima vita, al limite del collasso alcolico (seppur, un grande lavoratore), ed una seconda da reduce di guerra che ritrova il proprio nirvana in una compagna di vita, Kathleen Brennan, moglie, musa e collaboratrice nella scrittura (<<Mi sono sposato con una collezione di vinili>>), e nel proiettarsi in un nuovo ruolo, quello di padre di famiglia. In parallelo porta avanti un secondo mestiere collaterale, quello di attore (cinematografico e teatrale); il cui sodalizio con Francis Ford Coppola e il suo ingresso nel mondo del cinema gli insegnano l’atteggiamento della disciplina, nell’atto della sua scrittura. Dotato dell’arte di reinventarsi in ogni suo progetto. Ogni album una rottura con il precedente, con nuove sperimentazioni del suono, l’introduzione di nuovi strumenti, a volte primitivi, eclettici, bizzarri (banjo, fisarmonica, marimba, megafono, mellotron, la farsica, l’optigan, il chamberlin, il violino Stroh, etc); una musica aperta ad inglobare nuove realtà, malleabile, rotonda. Giocando con la musica, con la sua stessa voce e con la percezione di un fanciullo. La musica in fondo è nell’aria, e lui è in grado di trasformarsi in una specie di antenna, o meglio in un traduttore di aria in composizioni musicali. Cresciuto sin da bambino senza un padre (alcolista, ma un grande cantastorie), ha ricercato per tutta la sua vita in alcuni poeti e scrittori la figura mancante (Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Charles Bukowski, William S. Burroughs, etc.). In un certo senso il suo lavoro musicale è un omaggio alla memoria di suo padre, e forse una risposta a chi all’inizio della sua carriera si trovava a sfiduciarlo da sotto il palco. Tom Waits in quell’espressione che mi ha dato tanto da pensare “quella sera, per fortuna, non dovevo aprire per Zappa”.
Zappa e Waits avevano lo stesso manager. Waits era all’inizio della sua carriera. Credevo che il pensiero negativo fosse rivolto al carattere di Frank, in realtà era in parte rivolto ai suoi fan. Waits lo definisce come un periodaccio il tour con i The Mothers Of Invention, con 3500 persone che cantavano all’unisono “fai schifo”. Ma la difficoltà, allo stesso tempo, per Waits fu motivo per ottenere da lui stesso un impegno maggiore in quello che stava facendo. Ma ora viene il bello, quando nell’intervista dice “sei mai stato ad un concerto di Zappa, saprai che i suoi fan sono idrofobi, persone che hanno problemi di rabbia (io li definirei i ringhiosi) e vogliono carne fresca. Lui mi definiva un ‘termometro rettale’, ero io che dovevo salire per primo sul palco, a registrare lo stato d’animo del pubblico. Ma io volevo quella resistenza.” Anedotti, spiegazioni, suggerimenti, un libro con delle risposte, e che in alcuni casi, alle domande risponde con altre domande. “Quali sono le domande che ti fai?” E Tom risponde: “I proiettili sanno a chi sono destinati? C’è uno scarico in fondo all’oceano? Quand’è che il mondo si darà una scossa e ci si scrollerà dal groppone?”.
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