LEATHERWOLF: Street Ready
Sono stati incisi tanti grandi dischi, innumerevoli top album, lavori che indiscutibilmente hanno fatto la storia e/o influenzato le generazioni successive che hanno ricevuto entusiastiche, ma quanto classiche recensioni. Considerato che si tratta dei "biggest records", (biggest perchè "grande" in tutti i sensi), abbiamo pensato bene di dare loro la giusta visibilità e la dovuta dimensione con speciali che provano a scavare in fondo fin dentro le viscere dei contenuti degli album.
Gruppo californiano dedito ad un'affascinante mistura di metal e rock che qualcuno ho osato anche definire in modo osceno pop-metal (giusto per la misura in cui Olivieri & C. fanno uso "indisciplinato" di melodie e refrain orecchiabili). Addirittura definiti da altri come band rock/jazz/metal causa i frequenti cambi di tempi (mi sorprende come non sia stato usato impropriamente anche il termine "prog-metal"), ma si sa che le etichette non giovano, soprattutto se azzardate e spiazzanti per il possibile ascoltatore il quale potrà apprezzare sulla propria pelle le vere potenzialità della band espresse con classe sopraffina, gusto melodico personalissimo ed un ottimo livello tecnico che hanno reso il sound dei Leatherwolf riconoscibile tra i tanti. Tre album al loro attivo fino a quel momento che rappresentano il naturale proseguimento del precedente, una maturazione difficile, ma indispensabile che ha trovato in 'Street Ready' la consacrazione ufficiale (e ultra meritata), da parte di pubblico e critica: il disco parte a razzo con un inizio memorabile, "Wicked Ways" e la title track che imperversano in una perfetta fusione hard/metal composta da ritmica serrata e varia, un riff-rama che taglia le vene in verticale, supportato dall'ugola di un Olivieri davvero in gran spolvero, il quale detta melodie capaci di ronzarti in testa anche durante il sonno. Situazione che si rinnova con la stessa efficacia nella strumentale "Black Night", cosi ferocemente gentile ed armoniosa, e in "Take A Chance", song che si muove veloce e precisa come una mitragliata condita col miele ed ammortizzata con lo zucchero a velo. Le melodie vocali raggiungono il perfetto grado di maturazione soprattutto nel singolo "Hideway", semi-ballad in bilico tra acustico e vibrante elettricità che portò il nome della band sulla bocca e nel cuore di innumerevoli headbanger dell'epoca. "Thunder" rappresenta il preludio alla già giustificata finora gloria finale, si muove tra mid tempo ed accelerazioni improvvise ed i "soliti" assoli iper-melodici e fulminei delle due asce che durante tutta la durata del disco distribuiscono note e scale in qualsiasi momento dei brani, quasi come se fungessero da sorta di "backing vocals (guitars)" strumentali, mentre "Spirits In The Wind", altra bordata di classe, potente, ma velata da melodie incredibili e dalla decantata maestria tecnica, è l'atto conclusivo di questo purtroppo poco considerato masterpiece di una band il cui valore non sfigura affatto al fianco di nomi più illustri e debitori di maggior fortuna, e che suggella una pagina di storia del metal assolutamente da riscrivere, considerando anche che il 25 aprile scorso il disco ha raggiunto i 30 di vita in perfetta salute.
P 1989 Island Records
09. Lonely Road
Geoff Gayer: Guitars
Carey Howe: Guitars
Paul Barman: Bass
Dean Roberts: Drums
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