VOID OF SILENCE: THE GRAVE OF CIVILIZATION
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27/06/2010Al quarto disco i Void Of Silence non cambiano sostanzialmente di un passo la strada intrapresa nel corso del tempo. A 6 anni da 'Human Antithesis', dopo un inizio di carriera più oscuro e spigoloso, la band romana propone la sua nuova fatica che in larga parte rimane in sintonia con il precedente grande album. Quindi doom metal, dark-ambient a fare da cornice, ed una vena industrial di fondo che giustifica il senso di disperazione ed alienazione che albergano nell'ora e passa di musica di 'The Grave Of Civilization'. La novità che salta subito all'occhio ed alle orecchie, invece, è l'avvicendamento dietro al microfono, la volta scorsa Alan Neamthanga, prima ancora Fabban, ora Johnny Brooke degli Axis Of Perdition. Interpretazione certo più lineare la sua, ma capace di amplificare il freddo e desolante sostrato che gravita attorno ai brani. Motivo per cui l'album, non per darlo per scontato, data la complessità e l'estenuante ricerca intrespettiva non è certo immediato. Oltre un'ora di musica lenta e di pari passo vigorosa che non lascia nulla al caso, che inizialmente potrebbe spazientire ed essere liquidata come prolissa - certo alcuni passaggi meriterebbero essere più snelli - ma che con l'ascolto approfondito ti entra dentro ed a sua volta si lascia interiorizzare. Ritorno più che positivo, dunque, non incrinato dal tempo e dai problemi all'interno della band, fattore questo sempre presente, ma che non ha mai intoccato il songwriting. Anzi, man mano la musica dei Void Of Silence è andata plasmandosi a seconda della necessità sfruttando al meglio anche le situazioni controverse che ha dovuto vivere. Dal prossimo lavoro ci si aspetta un ulteriore, ma rilevante passo avanti, nel mentre godiamo di quest'opera che consacra una band alla continua ricerca del senso del male che incatena l'umanità.
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