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THE LORD WEIRD SLOUGH FEG: ATAVISM

data

25/04/2005
95


Genere: Epic Metal
Etichetta: Cruz Del Sur
Anno: 2005

Alla voce "atavismo", il dizionario dà due significati: 1 - presenza, in un organismo, di caratteri appartenenti ad antenati remoti e mancanti negli antenati più vicini. 2 - manifestazione di qualità morali ereditate dagli antenati. Concetto arcano e strettamente correlato con il passato, un passato che torna a farsi vivo a dispetto di un presente di ignare insoddisfazioni, un passato che prende vita nel corpo e nell'anima di chi riesce a sentirne la vibrante potenza. E un disco dal titolo "Atavism" crea una serie di attese, nelle persone che in loro avvertono l'atavistico ego torcersi e gridare, che possono essere soddisfatte solo da musicisti creativi e di spessore, quali gli Slough Feg si sono dimostrati. Proprio il ritorno al passato, alle origini primitive dell'uomo e della sensibilità artistica, è il tema centrale del nuovo lavoro di Mike Scalzi & co: ed è strano come, anche musicalmente, l'eroe di San Francisco sia passato dall'heavy metal interstellare e architettonico di "Traveller" alle rudimentali poesie barbariche tanto care al nome Slough Feg ai tempi di "Twilight Of The Idols", loro secondo disco e punto di riferimento per tutte le nuove leve del movimento epic abbastanza intelligenti da accorgersi dell'esistenza di una realtà così grande come quella di questa band americana dal bizzarro nome. Finora gli Slough Feg avevano intrapreso un cammino che sembrava inesorabile: un heavy metal sempre più robusto e depurato dal delirio chitarristico che affliggeva incontrollabilmente le fantasiose e isteriche composizioni della band. E ora, l'atavismo esplode in tutta la sua ferocia, creando un disco che suona contemporaneamente nuovissimo e antico, riesumando stilemi perduti nel tempo ma sempre attuali, come l'esecuzione libera e la concettualizzazione essenziale ma fieramente creativa che rese grandi brani ai confini col celtic rock più improvvisato come le storiche "We'll Meet Again" o "Highlander". E se finora la musica targata Slough Feg poteva risultare ostica e prolissa (anche alle orecchie di un fan) per via della lunga durata dei dischi, stavolta Scalzi ha concentrato saggiamente tutta la sua bollente espressività in 38 minuti di musica, suddivisi in ben 14 composizione di brevità inaudita, con un rapido e nervoso succedersi tra un atavismo e l'altro. Difficile descrivere lo Slough Feg - sound a chi in questi anni ha ignorato (complice una criminale cecità mediatica) l'operato dei nostri: immaginate un epic metal primordiale ma mai banale accoppiato a influenze folk (che sembravano perdute con "Down Among The Deadmen", ma qui felicemente riesumate), con un'attitudine settantiana e un'esecuzione nevrotica/creativa in pieno stile Cirith Ungol ma soprattutto Brocas Helm, il tutto condito da riff protagonisti in memoria dei grandi epic metal axemen e dalla roboante, virile ed interpretativa voce di Mike Scalzi, leader e compositore stavolta più in forma che mai, degno erede del Mark Shelton dei tempi che furono, un po' bardo e un po' guerriero come ci si aspetta da chi sceglie di affrontare tematiche profonde e senza tempo adottando l'epic metal come forma stilistica. Descrivere le canzoni è più difficile: come si fa a trascrivere a parole un'overdose di genio come questa? La compresenza di velocità assassine e melodie gioiose, con tanto di cambi di tempo assassini in "I Will Kill You / You Will Die"; le meravigliose trovate folk miste all'epic più emozionale in "Hiberno-Latin Invasion"; le commoventi celtic ballad di memoria Skyclad di "Man Out Of Time" e soprattutto dell'acustica title track: tutti momenti memorabili che si alternano e ogni volta colpiscono con la loro intensità. E ancora gli Slough Feg ci rapiscono nei loro inconfondibili mini-medley, visitando per la prima volta la mitologia greca con "Eumaeus The Swineherd" e la manillaroadiana "The Curse Of Athena" (per i non addetti, si tratta del ritorno di Odisseo ad Itaca), e soprattutto il terzetto da un minuto e mezzo a testa composto da "Agnostic Grunt", "High Season V" e la delirante "Starport Blues" (sì, avete letto bene, tentate di immaginare un blues metallizzato epico/spaziale). Incredibile il nervosismo e l'accorata passionalità che si respira in questo disco, complice la brevità e concisione delle canzoni (di cui ben tre strumentali) che come in un nonnulla ci proiettano nelle miriadi di concetti esplorati all'insegna di una coerenza artistica che trova però un'autentica e mai vista prima dimensione personale, come se un discorso accennato nei precedenti dischi si compisse qui per la prima volta! Insomma, l'epic metal, genere più volte dato per morto e condannato alle romantiche ma fin troppo nostalgiche riproposizioni della gloria ottantiana, trova negli Slough Feg un'autentica giustificazione filosofica: suonare con consapevolezza moderna, senza timore di rompere gli schemi, la gloria di ciò che è più antico dell'Uomo stesso, di quelle sensazioni e incantesimi che ci fanno sentire vivi e "fuori dal tempo", come celebrato nelle lyrics di questo lavoro (e per la cui visione completa purtroppo anche il sottoscritto, come voi, dovrà aspettare il 28 Aprile). Date una possibilità agli Slough Feg, ora che i loro passati difetti sono stati depurati da questo capolavoro è un dovere per tutti gli appassionati di heavy metal autentico scoprirli ed amarli. E al vostro vocabolario, ricordatevi di aggiungere:

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