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THE GATHERING: HOW TO MEASURE A PLANET?

data

13/09/2005
83


Genere: Alternative Rock/Metal
Etichetta: Century Media
Anno: 1998

Sono passati otto anni dall'uscita di questo disco dei The Gathering e i dibattiti sul fatto se sia un flop o un capolavoro si sentono ancora. Sarà meglio partire dal principio citanto un po' di storia prima di dare un mio parere, per quel che può valere, nella diatriba. Dopo 2 album prettamente gothic/doom ('Always' e 'Almost A Dance'), un cambio di stile abbandonando le sonorità doom e creando altri 2 album gothic ('Mandylion' e 'Nighttime Birds') con i quali il gruppo aveva impressionato pubblico e critica con un tappeto musicale ottimo infarcito di una delle più belle voci femminili in circolazione, ecco la seconda svolta musicale degli olandesi. Prima il chitarrista Wiersma lascia la band, successivamente gli altri 5 componenti decidono di spingersi verso i confini musicali del genere avventurandosi in un misto di metal e pop-rock progressive creando brani soffusi ed eleganti con atmosfere "liquide" e languide. Proprio questa scelta è il fulcro delle critiche e degli elogi per quest'album: molti fans di vecchia data non hanno mai digerito questo cambiamento imputando alla band di aver perso lo smalto e la brillantezza precedente. La stessa cosa venne fatta, seppur più "sottobanco", dalla casa discografia di allora (la Century Media) creando le basi per la futura separazione con il gruppo avvenuta a partire dalla pubblicazione di 'Souvenirs'. Fatta questa premessa possiamo parlare del disco, e qui non posso esimermi dal prendere una posizione in proposito. Il lavoro nasce con l'intento di trasporre in musica il tema del viaggio (fisico o mentale) e i 5 olandesi hanno deciso di interpretarlo in un doppio CD attraverso atmosfere sognati e distaccate, variando l'interpretazione della vocalist verso un risultato più globale e meno individuale (a detta sua, anche limitando molto le urla del passato per sua scelta), tralasciando la velocità e l'impatto immediato. Il risultato è qualcosa di sconcertante per chi conosceva i Gathering precedenti, ma se ci si addentra nell'album e non ci sofferma su un ascolto svogliato e distratto si nota di essere di fronte a brani intesi, emozionanti e di grande spessore. Tracce come 'Frail (You Might As Well Be Me)', 'My Electricity', 'Red Is A Slow Colour', 'Probably Built In The Fifties' e 'Travel' sono da cardiopalma e tramettono sensazioni uniche a cui è difficile rimanere indifferenti. Purtroppo se non ci si prepara mentalmente all'ascolto e non si è propensi ad aprire le proprie vedute musicali si rischia di ottenere l'effetto opposto. L'unica traccia che a mio parere che può veramente essere difficile da ascoltare è proprio la title-track, anche per via della sua lunga durata (più di 28 minuti) in cui buona parte è incentrata su suoni lontani e di soffondo. Come avrete capito io mi schiero dalla parte di coloro che hanno apprezzato, e non poco, questa evoluzione musicale e mi sento di affermare che 'How To Measure A Planet?' è tutt'oggi uno degli album più intimisti (e meno diretti) degli ultimi 10 anni. Le sonorità proposte sono quasi uniche e ammetto che non si tratta sicuramente di un album facile, ma questo non è sicuramente una nota di demerito anzi... Non me la sento di biasimare (ognuno ha i suoi gusti e opinioni) chi lo considera un errore da parte della band, ma il mio consiglio è quello di lasciarsi trasportare dai vari brani perché si può veramente trarne soddisfazioni.

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