FEINSTEIN: THIRD WISH
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09/04/2004E dopo aver dato alla luce la band più inascoltabile della storia del metal estremo (gli ormai mitici Bludgeon), Joey DeMaio e la sua Magic Circle Music spostano l'attenzione su una band decisamente più affine ai gusti e alle competenze del palestrato bassista: i Feinstein sono nientepopodimeno che la band di David "Rock" Feinstein, ex chitarrista degli Elf (primissima incarnazione dei Rainbow) e dei The Rods, deciso ora più che mai a ritornare sulle scene all'insegna di un sound che più classico non si può! Per completare il suo progetto, David si avvale della collaborazione del talentuoso John West (già in Royal Hunt e Artension), cantante di grande esperienza e tecnica, anche se a mio avviso un po' nella media come timbrica ed espressività, e di una band di musicisti estremamente competenti che conta persino un tastierista tra le proprie fila. Il risultato è un heavy metal molto compatto, dalle forti reminiscenze blues e dalle tentazioni power, in bilico tra i riff molto essenziali (e invero parecchio riusciti) del chitarrista/leader e le belle melodie create da vocals e tastiere (il cui ruolo è però molto limitato), decisamente più moderne. E' ammirevole il modo in cui Feinstein si sia tenuto "aggiornato" sullo sviluppo della scena heavy, che dai suoi tempi è progredita un bel po'! Come influenze principali vengono in mente proprio i Rainbow, ma anche i Deep Purple di "Burn" e "Stormbringer", e a tratti i Judas Priest: in fin dei conti, non c'è poi grande personalità in questo album, e molti chorus sembrano veramente venuti fuori dai dischi più diversi... ciò nonostante, il disco si lascia ascoltare con piacere, e anche se è afflitto da una pesante monotonia ("Far Beyond" e "Streaming Star" hanno praticamente lo stesso ritornello, suonato a differenti velocità), non mancano episodi realmente coinvolgenti come l'opener "Regeneration" (una sorta di grintosissimo incrocio tra il power metal d'annata e il blues rock più sanguigno) o la title track, gran bel lentone che riporta alla mente le vecchie glorie del rock britannico rilette in maniera moderna e personale. Altro elemento veramente rimarchevole del lavoro è il fatto che, pur essendo una sorta di progetto solista di un chitarrista, non si perde in inutili e pesanti solismi, ma si concentra moltissimo sulla forma canzone e sull'efficacia delle ritmiche. Insomma, i Feinstein suonano come una vera e propria, onestissima heavy metal band, completa di un drumming monolitico e di una produzione precisa e potente. Certo, la musica è decisamente prevedibile, e nessuno nella scena sente veramente il bisogno di un disco del genere, ma il problema di questi dischi è che sono talmente ruffiani e "funzionali" da rendere impossibile una valutazione troppo negativa! Comunque non si può passare sopra a difetti come una preoccupante dipendenza dai famosi "soliti schemi" e soprattutto sulla monotonia che non è compensata da un'adeguata scarica emozionale nei brani "minori" del lotto. Limitiamoci a dire che per i fan dell'heavy classico si tratta di un piacevole diversivo, dalle belle melodie e dalla potenza innegabile, mentre gli altri possono tranquillamente lasciar stare.
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