TALL STORIES: SKYSCRAPER
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25/01/2009L'omonimo debut album dei Tall Stories, rilasciato sul mercato nel 1991 proprio al centro di un radicale cambianto dell'industria musicale mondiale, rappresentò un poco fortunato (commercialmente parlando) capitolo di coraggioso rock melodico intriso di notevoli sfumature, le quali portarono il suddetto cd a raccogliere numerosi pareri positivi in particolare dalla critica musicale del tempo, cosa che purtroppo non si accompagnò ad un altrettanto lieto responso commerciale che sancì, da lì a poco, lo split di Augeri con il conseguente congelamento del progetto in sé. Quello che aveva reso particolare la proposta dei Tall Stories era un approccio compositivo che non si giovò unicamente dei classici canoni provenienti dalle lande della scena adulta per eccellenza, ma un composto sonoro in cui trovavano volentieri posto talune influenze maggiormente istintive e peculiari quali quelle delle sonorità hard di derivazione più squisitamente seventies, elemento che conferì alla musica del debut cd targato 1991 un sapore artistico del tutto particolare. E proprio alla mercé di quanto appena citato sembra essere stato votato anche il songwriting alla base del qui disquisito 'Skyscraper', cd che prosegue la vena istintiva del proprio (lontano) predecessore con la presentazione di dodici brani intrisi dalle più disparate influenze, inclusi passaggi blueseggiantemente moderni che ben si sposano con le cadenzate esecuzioni strumentali figlie (almeno nell'ispirazione) dell'eterno (e tutt'altro che datato) repertorio a firma Led Zeppelin. L'unico vero punto di distacco rispetto a quanto intravisto nel primo album in studio può essere individuato in un lavoro di produzione che qui considero maggiormente discontinuo e meno omogeneo, fattore che può essere considerato forse il lato meno riuscito di un dischetto particolarmente coraggioso e lontano da gran parte dei cliché del genere, qualità che in pochi, oggi come oggi, possono vantare di possedere alle soglie della propria corte artistica. Un'uscita per palati fini insomma, o per lo meno per coloro in grado di aprire la propria mentalità a trecentosessanta gradi durante l'ascolto di un prodotto musicale comunque figlio del rock melodico americano in primis.
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