STEVIE KLASSON: DON'T SHOOT THE MESSENGER
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10/03/2008Dagli Hanoi Rocks ai Rolling Stones: Stevie Klasson sceglie di stupire non poco con il suo primo lavoro solista, presentando un full lenght che inquadrandosi nelle correnti dell'Hard Rock primigenio va a pescare a piene mani dagli atavici Blues, Rock n' Roll, Country. Un po' Stones ed un po' Bob Dylan, un po' Led Zeppelin ed un po' The Who, 'Don't Shoot The Messenger' è un disco fuori dal tempo, che in punta di piedi esce dallo scaffale polevroso dei tempi che furono e timidamente torna a sedersi sulla piastra del giradischi, cercando con tutto sè stesso di avvolgere nuovamente la stanza con calde sonorità di sogni andati da anni. Bello, l'idea mi garba: a volte c'è bisogno di stendere le gambe, versarsi un whisky, magari accendersi la buona vecchia pipa o un sigaro invece della solita inflazionata sigaretta, e starsene lì, comodamente in poltrona, a lasciare che la musica rilassi ed ingiallisca le immagini del giorno che passa. Se ci si pensa, è una bella immagine, molto rilassante. Certo è poco frequente avere il tempo di passare un pomeriggio così, ma ci si può provare. Il limite di un disco del genere è ovviamente il retro della medaglia del suo pregio: l'immagine stessa, la decisa memoria di ciò che fu. Impossibile innovare, inutile tentarci. Il risultato finale è che si deve compiere una scelta che si può tranquillamente fare anche prima di aver dato un ascolto all'album: se volere o meno un disco che sicuramente ricorda altro, che non aggiunge nulla se non pezzi nuovi ad uno stile che ha già visto tutto il suo sviluppo. Considerato il livello artistico e tecnico di Stevie e dei suoi ospiti, io un'occasione glie la darei.
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