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SOILWORK: NATURAL BORN CHAOS

data

26/06/2005
94


Genere: Death Melodico
Etichetta: Nuclear Blast
Anno: 2002

Quarta fatica per i Soilwork dopo lo sperimentale “A Predator’s Portrait”, che univa shelleyniamente thrash metal, swedish death e prog. Un ibrido vincente ma al tempo stesso un vicolo cieco, dal quale l’unica uscita era rappresentata dell’evoluzione ulteriore, dallo spiccare il volo verso nuovi lidi. Detto fatto ecco qui “Natural Born Chaos”, oggetto pensante non identificato che consacra i Soilwork tra le band più geniali degli ultimi anni, culmine di una carriera sempre in ascesa (che purtroppo da allora sembra in caduta libera o quasi). Descrivere “Natural Born Chaos” solo a parole, senza l’ausilio dell’ascolto in prima persone, è difficile se non impossibile; prodotto, non a caso, da sua maestà Devin Townsend, il platter si basa su song structures orecchiabili e ariose ma non troppo da risultare mosce o poco ispirate sulle quali si muovono agevolmente le chitarre perfettamente sincronizzate dei due axeman Wichers-Frenning, le tastiere (decisamente più presenti e fondametali rispetto al passato)del nuovo entrato Sven Karlsson e l’ugola di Speed ormai totalmente a suo agio con le parti di voce pulita, massicciamente protagoniste nel corso dell’album. L’opener “Follow The Hollow”, tra i brani migliori del lotto, è lo specchio ideale dei nuovi Soilwork. Riff intrecciati che mischiano abilmente swedish death e nu metal, ritornelli melodici ed orechiabili studiati per entrarvi direttamente in testa senza mai risultare scontati o banali (si vedano anche le magniloquenti “As We Speak”, “Mindfields” o l’inarrivabile “The Bringer”). E che succederebbe se i sei svedesi si incrociassero con l’estro compositivo di Nevermore o Devin Townsed? Ecco che ce lo spiegano “The Flameout” e “Black Star Deceiver”, con la partecipazione dello stesso Devin, alle prese con un duello vocale con l’incazzatissimo Speed. Tutti i brani potrebbero figurare in un ideale best of, ed ognuno rappresenterebbe i Soilwork sotto una diversa ottica; e allora, c’è qualcosa di meglio che farsi travolgere da “Natural Born Chaos” nella sua interezza? Non credo.

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