SOILWORK: The Ride Majestic
data
01/09/2015Ha ragione chi sostiene che ormai bisogna rassegnarsi al fatto che i Soilwork suonano circa come i Soilwork, ma si tratta di gente completamente diversa. In effetti l'unico superstite della line-up è Speed (comunque membro fondatore) dopo che anche il buffo bassista Ola Flink se ne è andato; non è che questo impedisca alla band di sfornare lavori eccellenti, solo bisogna avere la consapevolezza di ciò che si va ad ascoltare. Era chiaro che dopo il mastodontico doppio album 'The Living Infinite' avremmo avuto qualcosa di più easy, e con 'The Ride Majestic' è proprio così, senza arrivare ai livelli di 'Stabbing The Drama' o 'Figure Number Five'. 'The Ride Majestic', titolo più che azzeccato, rappresenta perfettamente cosa sono i Soilwork anno 2015: cavalcate melodeath, grandi ritornelli ariosi (tra questo ed i Night Flight Orchestra Strid si gioca il titolo di re dei sing-a-long), e una malinconia di fondo tipicamente swedish che forse latita negli ultimi In Flames e Dark Tranquillity; i brani da ricordare sono molteplici. Dalla title track e dalla sua gemella col sottotitolo "Aspire Angelic", spiccano "Death In General", la pesantissima "The Phantom", la memorabile "Whirl Of Pain" e "Father And Son Watching The World Go Down", la miglior chiusura dei Soilwork da molti anni a questa parte. Si nota comunque una voglia di evidenziare le vocals e soprattutto i ritornelli, aspetto che ad alcuni potrebbe far storcere il naso, e Verbeuren ha la mania di mettere blastbeat dappertutto anche quando non c’entrano nulla, ma tant’è (qualche "filosofo" direbbe che in pochi ascoltano la batteria). Prendiamoli per quello che sono: a different kind of Soilwork, con lo stesso grado di qualità.
Commenti