PRIMAL FEAR: Metal Commando
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11/08/2020Sperimentazioni industrial? Dubstep? Djent? Metalcore? Neanche per idea! State tranquilli, nessuna sostanziale novità in casa Primal Fear (se non un nuovo batterista, Michael Ehrè, ed un nuovo contratto con Nuclear Blast): la corazzata teutonica, infatti, arrivata al tredicesimo disco, continua imperterrita a regalarci una colata di metallo classico che più classico non si può, a cavallo tra la velocità dei Priest e la quadrata rocciosità degli Accept (senza disdegnare qualche piccola variazione), ed è giusto e sacrosanto che sia così: per questo sono nati, e i fan questo vogliono da loro. La reale differenza, però, quando si parla di puro metal, la fanno la qualità del songwriting e le melodie vincenti, non certo l'originalità a tutti i costi o chissà quali strane "trovate". Per quanto riguarda questo album l'ispirazione è discreta (a parere di chi scrive sovrapponibile a quella presente nel precedente disco) e alcune canzoni hanno il merito di convincere pienamente, in un'alternanza tra classiche sfuriate speed e granitici mid tempo, spesso esaltate dalle aperture melodiche di un inossidabile Scheepers (come al solito autore di una prova sensazionale per le sue 55 primavere). Le note dolenti del platter sono rappresentate però da certo "manierismo" e da qualche richiamo di troppo a canzoni già edite in passato, ben presenti in tracce come "Afterlife", "The Lost & The Forgotten", "Raise Your Fists" o "Howl Of The Banshee"; d'altro canto non si può non premiare la costanza e la volontà del gruppo di inserire qualche variazione (la ballad acustica "I Will Be Gone", i 13 minuti della variegata "Infinity") all'interno del loro classico e consolidato canovaccio. Se siete fan sfegatati del combo tedesco aggiungete pure una decina di punti alla mia valutazione, in caso contrario vi troverete di fronte ad un disco assolutamente non brutto, ma che porta a qualche sbadiglio lungo i suoi 57 minuti (troppi!) di durata.
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