OMEN: BATTLE CRY
data
23/11/2004Ed ecco dall'underground americano degli eighties una delle più grandi epic metal band mai apparse sul globo: gli Omen. Raramente si può ascoltare un disco d'esordio che sfoggi, oltre alla proverbiale irruenza della band giovane e inesperta, una tale perizia, una tale consapevolezza, una tale prepotente e irresistibile irruenza metallica. Metallo puro al 100%, sì, dopato dall'epos di manillaroadiana memoria e dal chitarrismo arrogante e funambolico di Kenny Powell, che qui snocciola con incredibile naturalezza una serie di riff indimenticabili e dal sapore tutto particolare, costituenti da soli un buon 90% della grandezza della band. Riff di tipica scuola americana, in un certo senso vicini più all'US power di Jag Panzer e Metal Church che all'epic vero e proprio (e un po' tutto il disco è in generale in bilico tra i due stili). Ora veloci, ora massicci e sabbathiani, ora complessi, ora scarni ed essenziali, ma sempre e comunque ficcanti e spietati, in una parola perfetti per costituire le fondamenta di questa inverosimile macchina da guerra. Quello degli Omen è infatti un epic metal dall'impatto totalmente chitarristico, senza riserve o ammorbidimenti di sorta, in cui gli unici rallentamenti concessi sono saturi di intensissima tensione. Rispetto ai canoni della scena epic americana, che all'epoca dell'uscita di questo disco era in pieno fulgore, questo album tralascia un po' gli elementi "oscuri" e sabbathiani del sound, comunque ampiamente tributati in songs sulfuree come "The Axeman" e "Prince of Darkness", e si concentra su un impatto bellico e travolgente. Insomma, in "Battle Cry" si realizza il sogno di ogni metallaro: emozioni pure e dirette, senza mediazioni, amplificate dal drumming tellurico e mai banale di Steve Wittig, e dall'imperiosa e ruvida voce del vocalist J.D. Kimball, lontanissimo dagli attuali stereotipi di metal vocalist ma dannatamente possente. Il tutto forgiato in una produzione che è il paradigma del demodè: grezza, ruvida, ma fottutamente vera e aggressiva. Non a tutti potrà piacere, ma come non mi stancherò mai di ripetere, QUESTO è epic metal. E dubito si possa storcere il naso quando si apre il mitologico riff dell'opener "Death Rider", che si arricchisce prima di una seconda chitarra, e poi di sezione ritmica, per esplodere in una cavalcata mortale e implacabile, coronata da un ritornello che più anthemico non si può. O quando gli Omen tornano indietro nel tempo portando alla luce un capolavoro di epic metal come la title track (fra l'altro coverizzata dai Sacred Steel… check it out!), semplicemente un olocausto di sangue e acciaio messo superbamente in musica, con le disperate grida che contrastano il quadratissimo e vichingo riff nell'apocalittico ed epico refrain. Non dimentichiamoci poi di quell'altra gemma che è "Last Rites", molto maideniana nei suoi bellissimi e melodici riff, o della manowariana "Die by the Blade" dal profetico chorus. Insomma, in "Battle Cry" è difficilissimo trovare punti deboli, forse da identificare i due episodi più rockeggianti ("Be My Wench" e "Bring out the Beast"), comunque efficacissime e scanzonate al punto giusto per spezzare la tensione di un disco che non dimenticherete tanto facilmente.
Commenti