MORTIFICATION: THE EVIL ADDICTION DESTROYING MACHINE
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18/10/2009Nel bene e nel male (ma loro direbbero sempre "nel bene", suppongo; ndr) i coriacei white metallers australiani Mortification sono un pezzo di storia vivente con la loro lunghissima carriera, costellata di alti e bassi, radicalismo religioso e sperimentazioni. Aldilà di tutto è un sollievo avere simili punti di riferimento: il nuovo libro di Stephen King, il nuovo album degli Iron Maiden, la periodica e immancabile reunion degli Zeppelin con annesso concertone, gli scazzi tra Ozzy e Iommi, l'album dei Morbid Angel che non esce mai nonostante i continui annunci... e il genuino integralismo dei nostri amici australiani, che al confronto fanno sembrare Landser e Skrewdriver dei lupetti che aiutano le signore anziane ad attraversare le vie trafficate. Facezie a parte, questo nuovo album, registrato nel 2006 immediatamente dopo 'Erasing the Goblin', ma rilasciato solo oggi, rappresenta un logico punto di arrivo nella lunga carriera degli australiani. Ho avuto modo di conoscere i Mortification qualche anno fa, ascoltando dopo insistenti consigli 'Scrolls Of The Megilloth', album che personalmente considero un capolavoro del metal estremo di vecchia concezione, testi o non testi. Poi una serie di sperimentazioni nel corso della carriera con alterni risultati, fino ad arrivare a 'The Evil Addiction Destroying Machine '. In questa sede i nostri urlano la propria incrollabile fede affidandosi a uno strano quanto estemporaneo miscuglio di Thrash old school (primissimi Sodom, per capirci), galoppate a metà strada tra Punk/HC e NWOBHM (Motorhead?) e una forte componente groove. Quindi potete immaginare il grezzo tradizionalismo che trasuda dalle dieci tracce del disco, solidamente condotte dal pesantissimo basso e dalla voce rauca dell'inossidabile Rowe, vero trademark dei Mortification. L'album viaggia ad alterne velocità, tra le direttissime linee hardcore ("Elasticised Outrage") e i momenti di cupa e minimale lentezza dei groove ("One Man With Courage Makes A Majority"), per passare in momenti più classici come le motorheadiana "I'm Not Confused" e la successiva "Alexander The Metalworker" o il bizzarro e brevissimo heavy metal di "Resurrection Band (A Tribute To Rez)", pezzo-tributo alla prima band white metal nella storia della musica. Insomma, un lavoro molto conservatore e grezzo, realizzato da gente che sa esattamente quello che fa. Solo una piccola osservazione che spero mi concederete: una copertina con un angelo metallaro che distrugge una boccetta di (si suppone) farmaci psicoattivi dai quali si librano demoni fa semplicemente ridere. Dove sono le belle copertine come quella di 'Scrolls'?
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