MINSK: With Echoes In The Movement Of Stone
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07/06/2009Brani furenti, ma più dinamici per il terzo lavoro della band americana. Un approccio più progressive e suoni ancora più dilatati donano al loro post metal di matrice neurosisiana un tocco personale e più strade a disposizione da percorrere. La regola opinabile che vuole il terzo disco come quello della consacrazione e della piena maturità artistica fa di "With Echoes In The Movement Of Stone", questa volta, un'opera importante che conferma tale assunto. I Minsk riescono nell'impresa di condensare la loro vena creativa in brani lunghi, ma diretti e privi di orpelli ornamentali. Ogni singolo passaggio trova il suo perchè nell'equilibrio compulsivo quanto riflessivo che la musica va tracciando. Mastodontica, distorta, disturbante pur quando i toni calano e l'atmosfera si quieta, senza mai scalfire il disagio ed il senso di fustrazione che si avvertono durante l'ascolto. Cantato pulito ed in buona parte urlato, a volte filtrato, si dividono lunghe le tracce in maniera funzionale contribuendo a gettare un alone misterico e tribale che la sezione ritmica incarna continuamente. Anche l'elettronica - in punta di piedi - ed i synth si rendono spesso protagonisti come nella spettrale e magnetica "Almitra's Premonition"a, ed in diversi altri punti di un album che potrebbe essere nato in una decade qualsiasi degli ulti 40 anni tanti sono gli spunti e le intuizioni che lo connaturano. Prendete "Means To An End", ad esempio, e ditemi se non sembra scritto nei settanta, come se cantato da Jim Morrisson e suonato dai Sabbath più "trippati" di sempre. A dimostrazione di quanto i Minsk siamo ormai una band completa a tutti gli effetti, in grado di risultare se stessi anche quando la derivazione è evidente. Gran disco, quindi, apparentemente cerebrale, ma che sotto il magma raffreddatosi della superficie riserva un caleidoscopio di emozioni ancora incadescente.
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