MILLION DEAD: A SONG TO RUIN
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05/12/2004La biografia degli inglesi Million Dead sembra quasi una favola; Cameron (chitarra) e Julia (basso) sbarcano in Terra d’Albione dall’altro capo del mondo, leggi Australia, con il sogno di fondare una band; nel giro di un anno la formazione è completa e i quattro ragazzi si danno subito da fare per suonare in giro con gente del calibro di Cave In e Alec Empire, e l’anno dopo registrano questo “A Song To Ruin”; ora come ora sono osannati dalla gente di Kerrang!, NME, Mtv2 e compagnia bella. Da una parte questo mi fa sperare che nel music biz attuale forse ci sia ancora posto per l’onestà, la coerenza e la passione più pura…ma andiamo avanti e parliamo un po’ del disco. I Million Dead, come si dice sopra, sono dei ragazzi come tanti altri, e si trovano di conseguenza a suonare quello che molti ragazzi ascoltano: quel rock psichedelico, aggressivo nelle intenzioni ma dolce nelle melodie, perfetto nell’esprimere il disagio giovanile di chi si trova rinchiuso in schemi precosituiti dai quali uscire è visto come peccato ed offesa. Una musica prevalentemente emozionale dunque, che attraverso chitarre distorte, urla che diventano presto sussurri e un’attenzione non comune alla forma canzone ideale (ma con un gusto della sperimentazione tutto particolare e figlio della psichedelia ‘mantrica’ più pura, si vedano i tredici e passa minuti della conclusiva “The Rise And Fall”) arpiona le orecchie di chi ascolta, non necessariamente un ragazzo prototipo di cui sopra, e non le lascia più. I Million Dead, a fronte di tutto questo, hanno il pieno diritto di meritarsi il successo, e sarebbe un crimine confonderli in mezzo a tanti bei giovanotti dalle belle pretese manovrati dai piani alti di qualche manager tuttofare. Aspettiamo che si rifacciano vivi (non se ne stanno con le mani in mano, visto?) per l’ascesa definitiva, io li attendo e intanto ascolto “A Song To Ruin”. Fate lo stesso, se potete.
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