MANGROVE: Days Of The Wicked
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15/03/2016Il tre è da sempre considerato il numero perfetto, tre le Muse, tre le Grazie, tre le Parche, tre le Furie. Tre sono anche i ragazzi che fanno parte della band di cui andiamo a parlare. I Mangrove nascono nel 2006 nella capitale svedese e vengono a noi con questo terzo full lenght, 'Days Of The Wicked', per raccontarci una storia di Rock ruvido, una commistione di stoner e doom partorita dalle menti di aficionados degli anni 70. Le influenze sono subito chiare e palesi fin dalle prime note emesse dall'ugola di Jani Kataja, vocalist e bassista della compagine, che ricorda molto le inflessioni espressive di Ozzy Osbourne nel periodo d'oro dei Black Sabbath, band alla quale chiaramente il terzetto trae ispirazione. Il disco è un alternarsi di momenti di matrice puramente stoner, con distorsioni sature, ricche di toni bassi e con mid tempo rocciosi come in "Different Pages (Of Life)" o "Into The Light" ed episodi più orientati verso un doom primordiale, cadenzato, come nella title track, dove un riff monolitico scandisce un ritmo lento e marziale sfociando in un intermezzo acustico di sapore classico, più vicino ai lidi zeppeliniani.Ma i nostri riescono ad offrire all'interno del platter anche capitoli più "pop", nell'accezione positiva del termine ovviamente, più melodici e che a tratti fanno pensare ad influenze addirittura beatlesiane incastonate in ritmiche di certo più robuste, come nel refrain di"Mangronaut". Man mano che il disco giunge al termine, si fanno largo i capitoli più dolci e malinconici, "Drift Away", è il caso di dirlo, scivola via alternando una melodia sognante a riff più granitici, mentre il commiato è lasciato alla strumentale "In The Shade", chitarre acustiche e malinconiche accompagnate da percussioni morbide e mai invasive, con il cinguettio degli uccelli nel finale che rappresenta, almeno nell'interpretazione di chi scrive, la speranza di un sole che sorge sempre al di là dell'oscurità.
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