LUNARIS: THE INFINITE
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30/03/2004I Lunaris sono l'ennesimo esempio di super gruppo emerso dalla scena norvegese; ed in effetti buona parte dei membri della band sono tutto tranne che degli illustri sconosciuti (perlomeno nell'ambito dell'underground norse): se il fondatore della band e principale songwriter (M) e il tastierista Ray non vantano passate esperienze musicali di rilievo, non si può certo dire che il fenomenale bassista Matzema (ossia Øyvind Hægeland, altrove cantante di Spiral Architect ed ora anche Arcturus), Azarak (chitarrista degli Spiral Architect e session guitar per i Satyricon), Balfori (chitarra dei black masters 1349, qui alla voce) e il dotatissimo Asgeir Mickelson (batterista di Borknagar, Spiral Architect, Testament e Vintersorg) siano dei principianti. Ma al di là dei nomi, ciò che rende degno di attenzione questo disco è la musica: i Lunaris sono tutto fuorchè un passatempo per musicisti annoiati ; già l'approccio stilistico è quantomeno ambizioso, ossia unire la tecnica e la varietà del progressive con la rabbia e la potenza del black, ma la cosa stupefacente è che questi pazzi riescono nell'impresa. Lungo i dieci brani di questo "The Infinite" non ci si annoia mai, grazie alla capacità del gruppo di variare continuamente il proprio approccio musicale: già l'iniziale "In The Eyes Of The Eretic" lascia basiti per la sua assurda configurazione, essendo costruita su un alternanza tra riff di chiara matrice black e passaggi dal gusto progressive, senza contare l'alternanza tra grim vocals e clean vocals (che ricordano alla lontana il grande Glenn Hughes). Nei brani successivi troviamo gli stessi ingredienti rimescolati, però, di volta in volta in modo diverso ed al riguardo sono da citare la violenta ma progressiva "Si Vis Pacem Para Bellum", così come "Mother Of Storms" che mischia orchestrazioni alla Dimmu Borgir, riff di marca Darkthrone a momenti di puro flavour metal prog ed infine "Growth Denied" e "Soulcrush", la prima sorta di versione black degli Spiral Architect, la seconda brano dal feeling cosmico realmente esaltante. Dal punto di vista testuale la band si inserisce pienamente nel filone black che fa dell'anticristianità e dell'esaltazione dell'invididualismo la propria bandiera, anche se non mancano elementi di maggiore spessore riflessivo legati alla condizione esistenziale dell'uomo (ad esempio "Growth Denied"). Detto ciò, gli unici difetti che riesco a trovare a questo debutto dei Lunaris sono una produzione non perfetta e un uso della, stupende, clean vocals troppo limitato, ma per il resto si tratta di un disco veramente ottimo che mi sento consigliare vivamente a chiunque si sia stancato del solito progressive metal o del solito black.
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