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KING CRIMSON: IN THE COURT OF THE CRIMSON KING

data

28/09/2012
100


Genere: Progressive Rock
Etichetta: Island Records
Distro:
Anno: 1969

E fu Progressive! Con questa frase si potrebbe sintetizzare al meglio il contenuto di questo storico disco, ancora oggi uno dei lavori più importanti di tutta la storia del rock progressivo e non, che nel corso degli anni ha perso ben poco del proprio fascino. Il merito dei King Crimson (che per due terzi discendono dai "Giles,Giles & Fripp", una precedente formazione di rock psichedelico con arrangiamenti proto-progressivi ) è quello di aver ampliato e perfezionato il pop sinfonico di gruppi come Moody Blues o Procol Harum e di averlo contaminato con influenze derivanti dal jazz al folk, fino alla musica classica e contemporanea, sviluppando anche l'uso del mellotron (una sorta di campionatore a nastro che permetteva di ricreare un'intera orchestra d'archi e fiati), uno degli strumenti che risulteranno fondamentali all'interno del panorama progressivo. Presentato con una copertina dai toni grotteschi e surreali, il disco comincia con "21St Century Schizoid Man", uno dei classici assoluti del repertorio crimsoniano fatto di riff chitarristici possenti e quadrati, versi inquietanti urlati con enfasi declamatoria, e complessi intrecci strumentali di natura jazz che mostrano un gruppo perfettamente a proprio agio dal punto di vista tecnico. L'attenzione non viene meno neanche quando i quattro Crimson ammorbidiscono le melodie e le atmosfere come nella bellissima "I Talk To The Wind", uno splendido affresco folk/prog sostenuto dal flauto di Ian Mcdonald che in questo album si dimostra musicista assolutamente prezioso nell'economia del sound generale. Se i primi due brani stupiscono per innovazione e bellezza compositiva, il meglio arriva con "Epitaph" e "The Court Of The Crimson King", due tracce sostenute dall'incredibile suono del mellotron, capace di disegnare scenari maestosi ed epici come solo, forse, la musica classica è in grado di fare. La prima si potrebbe definire quasi come una lenta e avvolgente marcia funebre con un perfetto mix tra chitarra acustica e mellotron, mentre la seconda presenta degli arrangiamenti forse più ad ampio respiro che finiscono irrimediabilmente con l'avvolgere l'ascoltatore. Tra questi brani vi è anche "Moonchild", un pezzo forse meno appariscente rispetto agli altri, ma comunque importante per la vena sperimentale mostrata dalla band (molto interessante la seconda parte del brano, costruito attraverso improvvisazioni fra chitarra e vibrafono). Da segnalare, infine, la prova di un giovanissimo Greg Lake che successivamente entrerà a far parte degli Emerson, Lake & Palmer, uno tra i gruppi di maggior successo del rock progressivo inglese.

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