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JUDAS PRIEST: KILLING MACHINE

data

05/04/2004
100


Genere: Heavy Metal
Etichetta: CBS
Anno: 1978

Siamo appena reduci da quel capolavoro assoluto chiamato “Stained Class” ed i nostri non si fanno attendere molto per una riconferma e per zittire qualche noiosetto. “Killing Machine” chiude, a livello di studio album, l’epopea settantiana. Il suono è sempre più curato e la riconferma di Binks alla batteria dona stabilità al gruppo. Ovviamente la band non rinnega affatto gli esordi della sua giovane carriera, recuperando quelle venature blueseggianti presenti ad esempio nella conclusiva “Evil Fantasies” dal retaggio spudoratamente zeppelliniano, o in quelle tracks più hard rock oriented come le melodiche “Evening Star” o “Burnin’ Up”. Proprio in queste si riscontra la disarmante duttilita’ di Robert Halford. Che dire inoltre della sua interpretazione nella dolce e malinconica “Before The Dawn”:SPETTACOLO! Ascoltando la title track pare di ascoltare i Thin Lizzy di “Killer On The Loose”, mentre l’anthem “Take On The World” è stata successivamente fonte d’ispirazione prima per i Saxon di “Denim & Leather” e dopo per i Running Wild di “Chains And Leather”(come si può notare questi ultimi hanno preso in prestito anche qualcos’altro): in definitiva, ulteriori “prove” di come i Judas Priest hanno inciso in maniera decisiva sul panorama del metal. Il percorso heavy metal intrapreso “seriamente” nel disco precedente trova il suo naturale continuum storico con il mid tagliente che risponde al nome di “Delivering The Goods”, con la pulsante “Rock Forever”, e con quelle che sono oggettivamente dei capolavori assoluti, vale a dire “Hell Bent For Leather” e “Running Wild”, i cui riffs sono entrati di diritto nella storia di questo genere. Inizialmente la versione uscita negli States col titolo “Hell Bent For Leather” conteneva anche la cover “The Green Manalishi (With The Two Pronged Crown)” dei Fleetwood Mac, naturalmente riarrangiata in pieno Priest-style.

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