JOURNEY: GENERATIONS
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30/08/2005Qualsiasi cosa facciano i Journey suona sempre come un evento importante. E non vale la logica in base alla quale sarebbe importante perchè la storia della band è di quelle inimitabili, leggendarie e cose simili. I Journey smuovono i quattro elementi ogni qual volta mettono mano allo strumento prima, al songwriting dopo. E questo nuovo album ne rappresenta una sfavillante dimostrazione nonostante i suoi difetti siano ben palpabili. Difetti di lusso, si potrebbe affermare in preda a manie da fan integralista.
"Generations" esce per la Frontiers che si assicura anche il talento della band californiania e ne cura la distribuzione. Un disco che ad un primo atteso,
attesissimo ascolto mi aveva deluso non poco, e non sono bastati ulteriori ascolti per farmelo piacere del tutto come avrei voluto. Meglio, come speravo mi piacesse. Ho tenuto da parte il promo per una settimana nella speranza si raffreddasse la scottatura, ed in parte così è stato. Ho aggiunto punti alla valutazione finale dopo ripetutti ascolti successivi, e quello che ne esce è un lavoro interessante, a tratti coinvolgente ed emozionante, arrangiato nei minimi dettagli, e che se non fosse stato concepito come una sorta di celebrazione dell'intera band lasciando il microfono a tutti i componenti avrebbe rischiato di raggiungere giudizi più esaltanti. Questo anche per sottilineare che i brani che non convincono, che non lasciano traccia, sono proprio quelli non cantati da Augeri, soprattutto "In Self-Defense" cantato da Schon, e "Gone Crazy" da Valory. Due up-tempo song dirette e robuste che trasudano di rock'n'roll ed energia, ma che non trasmettono nulla in fatto a sostanza e complicità con l'ascoltare. Diversivo passabile, forse inutile. Esperimento, se così vogliamo chiamarlo, che riesce meglio con Castronovo(visibilmente dimagrito) li dove, paradossalmente, proprio Augeri avrebbe dato quella spinta giusta per renderli dei classici brani a la Journey: "A Better Life" e la bonus track "It's Never Too Late". Sorprendente l'ugola del buon Deen, ma brani sprecati che con il pathos interpretativo giusto suonerebbero alla pari di song quali "Faith In The Heartland" e "The Place In Your Heart", quest'ultima la mia preferita del lotto, entrambe le migliori di un album discontinuo pur nella sua abbagliante grandezza.
Il ritorno di Kevin Elson dietro alla consolle non stravolge nè lascia particolari accorgimenti al sound tipico della band, forse solo la chitarra di Schon che suona più "sporca" e "distante" dà un certo richiamo alla sua produzione. Chitarra che non si spreca in "Believe", il brano debole di quelli cantati da Augeri che scorre via noioso, prolisso, scontato, dettato dalle keys di Cain in sequenze di mestiere(così come in "Every Generation" da lui interpretata ma con ottimo crescendo finale che ne risolleva le sorti inizialmente monche).
Tutto sommato, "Generations" è un disco Journey che risente della vena "espansiva" di Schon e delle sue mille collaborazioni, e che affronta temi importanti come la guerra dedicando una sentita e velenosa "Out Of Harms Way" ai soldati americani mandati al fronte in quel mattatoio quatidiano in Iraq. Un disco che non soddisfa le attese, ma che merita lodi e rispetto per la classe e le suggestioni che la band riesce ancora a dare dopo 30 anni di carriera, risultando in perfetta salute, moderna, intensa, tecnicamente "grande" ed ancora in grado di scrivere canzoni e suonarle come se fosse il primo singolo della loro storia.
Un evento importante. Sempre. E "Generations" lo rappresenta pienamente.
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