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GLUECIFER: AUTOMATIC THRILL

data

27/01/2004
75


Genere: Hard'n'Roll
Etichetta: SPV
Anno: 2004

Ah, il rock and roll! Eh si, il rock and roll. Proprio quello. Si, dai, quello di cui solitamente si dice che non morirà mai(ed è strano come spesso, sotto l’egida di questa etichetta, si faccia rientrare praticamente tutto lo scibile musicale che parte dal rock classico fino ad arrivare anche a forme molto più estreme rispetto al punto di partenza dichiarandone, poi, morte e resurrezione e reincarnazione e morte di nuovo ed altro ancora). Il rock and roll, una voce sguaiata e provocatoria, una o due chitarre che si grattano la pancia sotto le mani del axe-man, una base ritmica che se ne va a gonzo dove meglio crede, ed a volte un piano che gironzola tra le note ed insegue fughe strumentali senza meta(apparentemente). Affanculo la tecnica, l’arrangiamento prezioso e la vasellina in fase di produzione(forse...). Ecco, in questa categoria rientrano anche i Glucifer, da anni sulla scena e portatori sani di quel virus messo in circolo dagli Stooges e MC5 più di trent’anni fa, che ha attraversato il punk ed i Ramones e lo street degli ’80, fino ad oggi. Un virus contro cui non è stato trovato ancora, fortunatamente, il vaccino. Ed i cinque ragazzi norvegesi sono pronti a diffondere l’ennesima infezione, senza pretese. Senza la volontà di volere portare avanti un discorso che non potrebbe reggere il confronto con un passato troppo importante. Certo, l’ispirazione, ma i virus come costante hanno il nome. Ed i Glucifer non vogliono, non sanno e magari non saranno mai in grado di scrivere un disco che entrerà nella storia o che rivoluzionerà il genere, ma sanno sicuramente come farvi alzare il culo dalla sedia, sanno come incenerire l’audience con scariche di elettricità e di energia tanto da ridurvi ad un’aia di galletti amburghesi cotti alla griglia. Prendete ad esempio “Take It”, sparatela attaccata ad un proiettile che va dritto a colpire un bottiglia di wiskey mentre cantate il ritornello fino a svenarvi. Bene, vi sentite felici ora, oppure no? E prendete pure “Freeride”, la song più spudoratamente settantina del lotto(ehm, il titolo non mente, no), ed immaginatevi alla guida di un chopper mentre percorrete la Route 66 nei suoi tratti più desertici. Avete sete, si? Un bar a poche miglia più avanti vi offrirà una birra ghiacciata ed una chiacchierata con una improbabile quanto promettente pin-up del luogo. Poi, prendete pure il portafoglio, andate dal vostro negoziante di fiducia e comprate questo disco. Come? Volete in ostaggio il mio cuore nel caso non vi piaccia? Impossibile. Chiedetelo alla pin-up!!

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