GJALLARHORN: NORDHEIM
data
30/05/2005Nati da una collaborazione tra Deathmaster (leader degli epic metallers italici Doomsword qui sotto lo psuedonimo di Vali) e Daniele "Fenrir" Balestieri, i Gjallarhorn fin da nome, copertina e tematiche si classificano come una band votata inequivocabilmente al viking metal, senza possibilità alcuna di smentita. La promessa di accontentare i fan di Doomsword, Falkenbach e (logicamente) Bathory non è stata minimamente disattesa: quello dei Gjallarhorn è infatti un atmosferico, cadenzato ed epicissimo viking metal dalle sfumature melodiche in stile "Twilight Of The Gods", con la batteria di Gungnir (anche lui già noto come Wrathlord nei Doomsword) eccessivamente ridotta a semplice tappeto terzinato su cui si svolgono, essenziali e gelidi, riff di chitarra ampi e avvolgenti come Quorthon ha insegnato negli acclamatissimi Nordland, mentre il selvaggio e fantasioso basso di Nidhoggr aggiunge un graditissimo tocco di personalità. A livello chitarristico si nota anche una propensione per le cavalcate molto più vicina all'epic metal classico: in molti punti possono venire alla mente persino i Domine del capolavoro dimenticato "Champion Eternal", anche se più spesso si tratta di accordi a tappeto o di arpeggi distorti, adattissimi a creare la giusta atmosfera in un disco e un genere che di atmosfera vive! Il grande punto di forza del lavoro sono però le linee vocali di stampo Doomsword, e soprattutto i potentissimi e memorabili ritornelli che hanno reso grandi "Resound The Horn" e "Let Battle Commence": Deathmaster è autore di una prestazione davvero maiuscola, col consueto timbro barbarico ed un trasporto sincero e coinvolto come solo a lui può riuscire in quest'ambito, molto più crudo e ieratico che nella band madre. A ben guardare, il disco si scosta ben poco, stilisticamente parlando, dalle ultime fatiche dei Doomsword, dato l'enorme influsso che i Bathory hanno avuto sulla band lombarda: e se "Nordheim" fosse uscito come quarto disco dei Doomsword credo che nessuno avrebbe notato la differenza, anche se la band si mostra un po' distante dal gruppo di Deathmaster grazie a intenzioni doom ridotte e a un minimalismo ancora maggiore, oltre che per una riverenza ai dettami bathoriani che qui sfiora il maniacale. Goderecce assai le maggiori concessioni alla diarmonia e al marciume: un po' come nei Falkenbach di "En Their Medh Riki Fara" qui si gioca molto sull'alternanza/fusione tra parti stridenti e momenti più eroici ed epici in senso stretto (basti ascoltare i magnifici arpeggi che spezzano "Chaos Unleashed"), richiamando anche certe cose fatte dagli Amon Amarth nei frangenti più melodici. I brani sono tutti molto validi e piuttosto lunghi, anche se si nota una certa omogeneità che comunque nel genere non è necessariaemente un punto a sfavore (grazie anche ad una durata contenuta quanto basta per non annoiare, lezione da imparare per molta gente). Notevole come spesso emerga una vena malinconica ("Hammerheart" continua a far scuola, com'è giusto che sia), tributata in momenti più introspettivi come la colossale opener "The Day Odin Stood Still", lunga suite avente per argomento la cristianizzazione del grande Nord pagano (vi ricorda qualcosa?). Grandiosa la successiva trilogia "Ragnarok", giocata su melodie e riff essenziali ma efficacissimi, con ritornelli veramente clamorosi ("Odin screams, the end is near..."): nonostante la plumbea lentezza e l'estremo tradizionalismo, le canzoni sono gustosamente trascinanti anche se destinate ad un pubblico di aficionados , non proponendo nulla di troppo nuovo (soprattutto se paragonati a quel capolavoro di classe e coraggio che è stato "Let Battle Commence"), ma non c'è dubbio che "Nordheim" vada ad aggiungersi tra le migliore uscite epiche di questo grandioso 2005 che non sta lesinando belle sorprese.
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