DAYSEND: SEVERANCE
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14/12/2004Il futuro del death melodico non viene dalla Svezia, ma dalla lontana Australia. Il futuro del death melodico si chiama Daysend. Questa giovane band, formata addirittura nel 2003, non ha nulla da invidiare a band decisamente più blasonate, primi fra tutti i “traditori” In Flames, che cercando di dare nuova linfa al genere hanno cominciato a produrre nu-metal. Gruppi insomma che sfruttando il successo commerciale del loro genere hanno "tradito" il loro sound originale per un sound più orecchiabile e quindi più commerciabile (chi ha detto Metallica?), ingenerando un certo fastidio nei loro fans della prima ora. Sta di fatto che questi Daysend sembrano riusciti a dare qualcosa di nuovo ad un genere che sembrava ormai morto e senza più nulla da dire. Un gruppo che sul loro sito ha il coraggio di definirsi progressive, sebbene assomiglino decisamente di più ai Dark Tranquillity che non ai Dream Theater; però, se consideriamo “progressive” qualcosa di “ricercatore e sperimentatore di novità” (copio dal Devoto-Oli), allora la definizione di “progressive death”, descrive ottimamente il loro sound, che rappresenta un’evoluzione del normale concetto di “death”, coniugando la melodia del primo e la brutalità del secondo, in un mix davvero felice che finirà per soddisfare sia gli orecchi più fini (anche grazie ad una produzione superba) sia quelli che al contrario ricercano una maggiore violenza sonora. Infatti i Daysend sanno essere brutali quando serve, con dei patterns di batteria che ricordano moltissimo quelli del leggendario “Slaughter of the Soul” degli svedesi At The Gates, ma anche melodici, grazie a due chitarristi che svolgono eccellentemente il loro lavoro creando delle armonizzazioni davvero spettacolari e degli assoli tecnici ma espressivi al tempo stesso; questi sono i Daysend, un gruppo finalmente completo e con voglia di sperimentare, senza che questo significhi tradire completamente il genere di partenza, vale a dire il death melodico. Passando ad analizzare più nel dettaglio questo loro primo lavoro chiamato “Severance”, a mio parere il disco può essere diviso in due sezioni (chiaramente è solo un giudizio personale): una prima più aggressiva e più marcatamente death, che va dalla prima traccia (la splendida “Born is the Enemy”) fino alla traccia sei (la cupa “End of days”); una seconda, invece, nettamente più melodica, con passaggi che sfiorano quasi il nu-metal. A mio modesto parere la prima parte è decisamente più bella della seconda, ed il songwriting del gruppo sembra molto più ispirato; nella seconda invece il sound perde un po’ di mordente, soprattutto se paragonato ai pezzi precedenti, diminuendo la qualità complessiva dell’album. Partendo da questi presupposti, il voto dell’album deriva da una media fra il voto attribuito ai primi sei pezzi (90) e quello attribuito ai successivi cinque (70), più un bonus per l’innovatività della proposta musicale del combo australiano.
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