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CYNIC: Kindly Bent to Free Us

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15/02/2014


Genere: Prog
Etichetta: Season of Mist
Distro:
Anno: 2014

Non è facile parlare di Cynic, non è affatto semplice per profani come noi metterci a decidere se una band dalla inventiva pazzesca come (quella di cui stiamo parlando, su questo non ci piove) sia degna di essere seguita o meno. Quello che si può fare è riportare la propria esperienza, perché nulla è mai stato uguale, con i Cynic, e scommettiamo che il futuro sarà ancora diverso. Chi di noi si aspettava un seguito della pietra miliare 'Focus', dopo tutto quel tempo? Nessuno. Chi di noi poteva prevedere un 'Traced In Air', che appunto sembra scritto nell'etere per quanto è sfuggente e breve? Pochi. Poi però la china è stata definita, si andava verso il prog più puro, si continua con 'Carbon Based Anatomy' ed è proprio da lì che parte questo 'Kindly Bent To Free Us'. Innumerevoli ascolti, naturalmente, giorni interi a scervellarci su come poter decifrare la musica del trio. L'avete visto alla dicitura del genere: non c'è più alcun riferimento al death (non che prima ce ne fossero chissà quanti), la voce è sempre delicata e melodica, flebile, angelica, robotica in alcuni punti. L'esempio estremo della trasformazione si rinviene nella traccia conclusiva, dove sembra davvero di ascoltare i Radiohead mentre si fanno una gita in barca con i Sigur Ros. Oppure anche l'inizio -pochi secondi- di "Moon Heart Sun Head", troppo emotivo. In seguito la canzone si riprende dimostrandosi coraggiosa, per poi cadere nel nulla, riprendendo in pratica quanto suonato all'inizio. Il post rock non è mai stato così presente e al contempo la musica dei Nostri mai così "grossa" (scelte di produzione, certo, ma anche di uso della chitarra in modo meno rivoluzionario), tanto che spesso viene alla mente quanto fatto dagli stessi componenti dei Cynic come Gordian Knot. "Infinite Shapes", uno dei brani più melodici e circolari del disco, contiene l'esemplificazione di come la band nella sua progressione guardi all'indietro (le tastiere fanno molto prog rock), al vero e proprio ritornello. Senza citare ogni secondo, basti sapere che il brano di apertura non ha convinto a pieno perché sembra eccessivamente trattenuto, soprattutto la chitarra; al contrario la accessibilità di "The Lion's Roar" è strano sentirla da un gruppo come questo, ma pensiamo che se si abbattono le barriere, diventerà il simbolo del nuovo corso dei Cynic. Stavolta il basso di Sean Malone non ci ha trasportato in altre dimensioni. Non siamo completamente soddisfatti di tutto il disco, mai come ora molto sembra un esercizio di stile e abbiamo già notato come ci siano punti morti, di totale assopimento, ad esempio "Holy Fallout". Recensione di Francesco Antonio Fragomeni - Voto 60 --------------------------------------------------------------------------------------- Quell'albero in copertina, così colorato e raggiante. Se state pensando anche voi ad un’altra recente cover di un altro gruppo 'convertito' al prog rock, beh, parliamone. Il nuovo Cynic segna definitivamente l’allontanamento da 'Focus' che fù il loro capo-lavoro simbolo, nonché l'album più interessante e intelligente della storia del metal estremo. 'Kindly Bent To Free Us' è una sorta di liberazione che riesce dove il disco del come-back non era riuscito, quel 'Traced In Air' ancora troppo in bilico tra passato e futuro, indebolito anche da una produzione non brillantissima. Stavolta la band sembra aver chiara qual'è la nuova strada da seguire, con la classe e la raffinatezza che da sempre li contraddistingue. Le prime quattro tracce rasentano la perfezione. Al primo giro di basso riconosciamo subito chi stiamo ascoltando e ce li godiamo senza star li a pensarci troppo e senza preoccuparci di catalogarli. Queste tracce sono anche quelle più veloci, irrobustite da una sezione ritmica decisa e da accelerazioni in doppia cassa chirurgiche. Dalla quinta traccia "Moon Heart Sun Head" il passaggio al prog rock è definitivo. Spaziose atmosfere melodiche, fusion e tecnicismi perfetti si incontrano a meraviglia, ed anche la voce effettata del professor Masvidal finalmente trova il suo habitat ideale. Se non sapessimo già di chi stiamo parlando, faticheremmo parecchio a riconoscere la band ascoltando "Gitanjali" e "Holy Fallout", prova questa che suggella la mutazione artistica dei Cynic verso lidi sonori dove potranno continuare ad esprimere tanti nuovi aspetti della loro musica e delle loro infinite potenzialità. Più a fuoco degli ultimi Opeth, portano tanta linfa nel mondo prog per cui, amanti del generi, siete i benvenuti. Recensione di Giorgio Papaleo - Voto - 90

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