CAGE: SCIENCE OF ANNIHILATION
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25/04/2009Alla quinta release ufficiale i californiani Cage non mollano il colpo: alfieri di un Power Heavy tipicamente U.S. style, di quello che affonda le sue radici nei terremoti alla Judas Priest accelerati ed incattiviti, sono pronti per buttare sul mercato un full lenght dalle potenzialità distruttive. Partendo infatti da una matrice Heavy con l’aggiunta di cattiveria, violenza e velocità, i nostri americani hanno stabilito un loro standard, una matrice fissa che si ripete e si conferma sin dalla nascita della band. Nulla di incredibilmente nuovo, ma comunque un bello scossone ad un genere negli ultimi tempi un po’ troppo assopito. Ottime le interpretazioni del signor Peck, un singer dall’incredibile versatilità (taglio freddo, è vero; ma in compenso qui si va dal limite del growl agli ultrasuoni con una facilità disarmante) e dalle grandi doti interpretative, così come ottimamente congegnato è il lavoro delle due asce Garcia e McGinnis, praticamente due “artisti del taglia e squarta”. Se poi il tutto poggia su una base ritmica solida, compatta e ad effetto “panzerfaust che ti cammina sulla schiena”, il risultato è dei migliori. I pezzi dovrebbero essere a questo punto il loro tallone d’Achille; invece no, anche qui siamo a livelli ben oltre il semplice “accettabili”, siamo dalle parti di descrizioni tipo “molto validi” o addirittura “ispirati”. Insomma, che lo si dica alla buona o in maniera ricercata, il concetto di fondo è semplice: gruppo in gamba, bei pezzi, bel disco. Innovazione? Non ci interessa. E va bene così. Voglio dire, prendiamone atto e chiediamoci: in quest’ultimo anno, quanti dischi di questo genere sono usciti che valesse la pena comprare? Non so il vostro, ma il mio elenco è piuttosto breve (per usare un eufemismo). Ecco, ’’Science Of Annihilation’’ si inscrive di cattiveria in questo elenco, facendo a spallate per prendersi di prepotenza il suo meritato spazio. Molti pregi, punti deboli pochi: di sicuro si può dire che sia stato fatto un buon lavoro, anche in fase di produzione. Unico neo, a parer mio, sono i suoni un po’ freddini, in particolare quelli della batteria, che avrebbe invece potuto dare molto più corpo ed impatto ai pezzi. Un peccato, ma è pur vero che nel complesso dell’album questa è poco più che una finezza (non nel senso che i suoni non contino, ma nel senso che potevano essere migliori ma ciò non toglie che siano buoni anche così). Applausi quindi per loro: album promosso, ora si attende la prova live.
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