BLOODBATH: The Arrow Of Satan Is Drawn
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26/11/2018Arriva l’inverno e per gli amanti del sulfureo crushing death metal svedese torna l’aria gelida proveniente dalla Scandinavia che ha reso famosi Entombed, Dismember, Unleashed ed i progenitori Carnage (dalla cui scissione quasi tutto ebbe inizio); eccovi i Bloodbath (supergruppo che ha visto militare nelle sue fila Mikael Akerfeldt degli Opeth, Peter Tagtgren degli Hipocrisy, Dan Swano degli Edge Of Sanity ed ora vanta Nick Holmes dei Paradise Lost, autore di una prova superiore a qualsiasi previsione, Blakkehim e Jonas Renske dei Katatonia), banchettare con carne umana per il ventennale della band (il video di “Chainsaw Lullaby” è rappresentativo in tal senso). Chitarre grasse, sound tritacarne, sepolcrale ed imperioso che dilania e fa sanguinare i padiglioni auricolari, tastiere epiche che talvolta enfatizzano il tutto mcome in “Chainsaw Lullaby” (modello ‘Left Hand Path’ degli Entombed); “Bloodicide” è un esempio tipico: riff acuti e velocissimi con rallentamenti claustrofobici (mortiferi in “Only The Dead Survive”), che rapiscono grazie a quel groove tanto caro ai Destruction (inventori dei cosiddetti riff grattugia presenti nella parte centrale del brano subito dopo i quali vengono chiamati in causa i Death di ‘Spiritual Healing’), e vede la partecipazione straordinaria del triumvirato di ugole britanniche: Karl Willets (Bolt Thrower), Jeff Walker (Carcass) e John Walker (Cancer). “Levitator” ricorda alcune soluzioni stilistiche dei Pungent Stench (per restare nell’area teutonica delle influenze), assoli melodici tipici del vecchio heavy metal in “Deader” che vede i Dismember tra gli alfieri di questa attitudine. “Warhead Ritual” è death’n roll, senza velocità folle, ma ugualmente devastante e con un interessante giro di chitarra! Scimmiottano il punk metal dei Motorhead al punto da far sembrare “Wayward Samaritan” una cover; non lesinano neanche il black metal industriale in “Fleischmann” con un contagioso e melodico assolo centrale; le liriche vertono sul gore con una vena critica a sfondo sociale. Le buone tradizioni servono a ricordarci da dove tutto proviene ed a toglierci un po' di ruggine dalle orecchie. Una magnifica fusione di influenze senza soluzione di continuità.
A cura di Igor Fanelli e Gianmassimo Sardiello
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