BLACK COUNTRY COMMUNION: Black Country
data
21/09/2010Sulla carta sono una band che può schiacciare chiunque. Forse una piccola icongnita può derivare da Joe Bonamassa, chitarrista più blues oriented che rock, ma che alla fine vince egregiamente la sfida. La produzione è presa in carico da Kevin Shirley (Journey, Dream Theater, Iron Maiden e Black Crowes), quindi gli ingredienti sulla carta sono devastanti. Si parte a bomba con i primi tre pezzi, l'apertura è riservata a "Black Country" che sembra un pezzo dei Maiden versione Paul di Anno: tirata, grezza, con un riff di basso di Hughes da farti alzare dalla sedia. Il singolo "One Last Soul" è più pacato, anche se corre veloce e rimane in testa sia nella parte strumentale che nel chorus. "The Great Divide" chiude il terzetto, pezzo molto Led Zeppelin, molto d'ambiente, incisivo nell'incedere. Purtroppo poi si riscontra un preoccupante abbassamento del livello qualitativo delle canzoni, si allungano le durate, ma si impoveriscono le idee. Va da sè che anche l'auto-cover di "Medusa" dei Trapeze (band di Hughes pre Deep-Purple), bella e ben rifatta per quanto serva, è una prova della mancanza di canzoni nel vero senso della parola. Poi, se con "Sista Jane" ci mettiamo a scopiazzare indefessamente gli AC/DC, allora siamo a cavallo. Ci sono delle ottime idee che poi rimangono tali senza apportare nulla all'interno del pezzo, date un ascolto alla partenza di "Beggarman" che vi farà ribaltare dalla sedia, purtroppo però solo la partenza. Si arriva stanchi alla fine del disco, anche a fronte del fatto che l'ultimo pezzo dura inutilmente quasi 12 minuti e, se non per le prime tre canzoni, non si è assaliti di certo dalla voglia di riascoltare il tutto. Siamo di fronte allo stesso dilemma dei Chickenfoot, grandissima band, ma con una mancanza di idee e di pezzi clamorose. Sherinan è relegato inoltre al ruolo di quasi "seconda chitarra", in pratica a riempire i vuoti di Bonamassa. E pensare che Hughes l'aveva idolatrato per l'uso di strumenti esclusivamente vintage in questo platter; ok, ma almeno la prossima volta faticeli sentire. Comunque dei musicisti eccezionali, grandi spunti, grande alchimia fra le parti, ma la sensazione è di un disco "incompiuto" con grandi fondamenta, ma dove si è costruito solo il primo piano. Per la prossima volta non si potrebbe rispolverare il Q-disc da 5 pezzi?
Commenti